“Vogliamo giustizia per Pietro”. Sono passati sette mesi dalla morte del maresciallo dei carabinieri in congedo Pietro Apuzzo, ma i familiari ancora non hanno avuto modo di conoscere ufficialmente la causa del decesso ed hanno tenuto una conferenza stampa presso la loro abitazione per far sì che restino accesi i riflettori su quello ritengono possa essere un caso di malasanità. Il sottufficiale originario di Pompei (Napoli), molto noto nella cittadina mariana anche perché ricopriva l’incarico di vicepresidente dell’Associazione Nazionale Carabinieri, era stato ricoverato in un ospedale napoletano per l’asportazione di due polipi di piccole dimensioni al colon. Un intervento considerato di routine. Il decesso sarebbe sopraggiunto a causa di una sospetta infezione contratta in ospedale dopo un calvario di 32 giorni. Sul presunto episodio di malasanità è stata aperta una indagine affidata al pubblico ministero Sergio Amato della Procura di Napoli. L’autopsia è stata effettuata nella immediatezza del fatto da un pool di consulenti tecnici d’ufficio nominati dal pm. Si attende il deposito delle risultanze dell’esame autoptico non sono state ancora depositate. I periti, ai quali inizialmente era stato assegnato un termine di 90 giorni per il deposito delle loro conclusioni, si sono avvalsi di una ulteriore proroga Il timore dei familiari è che più passano i mesi più sia difficile ricostruire come sono esattamente andate le cose. Di qui la preoccupazione dei familiari del maresciallo Apuzzo, assistiti dal penalista Guido Sciacca del Foro di Torre Annunziata. “Chi lo conosceva – afferma il fratello della vittima, Gennaro, brigadiere dell’Arma in congedo da poche settimane – non sa darsi pace. Pietro godeva di ottima salute. Era entrato in ospedale con la consapevolezza di affrontare una breve convalescenza e di tornare a casa al più presto. Così non è stato”. Una denuncia per lesioni personali gravi era stata presentata dal figlio dell’uomo, Antonio, anch’egli appartenente alle forze di polizia, presso la stazione Carabinieri del Vomero Arenella. Alla quale hanno fatto seguito delle altre, tutte raccolte nel fascicolo custodito presso la Procura della Repubblica.