Fabio Cannavaro aveva versato circa 200 mila euro per entrare in società con Marco Iorio, l’imprenditore titolare della catena di ristorazione “Regina Margherita” ora coinvolto nell’inchiesta sul riciclaggio condotta dalla Dia.
Il calciatore, sentito come teste mercoledì pomeriggio per la seconda volta, ha esibito ai magistrati la documentazione relativa all’operazione finanziaria. Assegni bancari e soprattutto circolari sui quali sono state disposte verifiche da parte dei pm Sergio Amato ed Enrica Parascandolo. Un passaggio obbligato in quanto gli inquirenti, impegnati nell’indagine sfociata nel sequestro di 17 locali a Napoli e in altre città d’Italia, vogliono far luce sulla provenienza di tutti i capitali investiti nelle attività riconducibili al gruppo facente capo a Iorio e a Bruno Potenza. Quando fu ascoltato per la prima volta in Procura, Cannavaro non era stato preciso sull’entità e sulle modalità della sua partecipazione all’iniziativa nella quale, aveva comunque sottolineato in una nota diffusa dai suoi legali, Roberto Guida e Luigi Pezzullo sono stati impiegati «i proventi della mia attività professionale». Mercoledì ha fornito tutte le precisazioni richieste dai pm anche su un altro aspetto, quello relativo alle quote societarie: il capitano della Nazionale campione del mondo a Berlino 2006 detiene il 10 per cento della società ma a lui fu intestato solo nominalmente un ulteriore 35 per cento delle quote per il quale aveva conferito a Iorio una procura a vendere. I magistrati svolgeranno indagini nell’intento di comprendere se Iorio abbia scelto anche in altre occasioni di intestare ad alcuni soci quote in via meramente formale. E soprattutto, se ciò è accaduto, a quale scopo.