“Ciò che accomuna il ‘Don’t fire on Italy if you love it’ e l’appello del sindaco di Napoli Luigi de Magistris a ‘mettere in evidenza anche il bello del nostro territorio’, ciò che unisce tutto questo alle autorizzazioni negate a poter girare scene di Gomorra la serie in alcuni paesi della provincia di Napoli, è la demagogia”.

Dopo la polemica a distanza con il premier Renzi sui ‘piagnistei’ sul Sud, Roberto Saviano, nella pagina dell’Antitaliano sull’Espresso in edicola domani e online sul sito, tornare sull’insofferenza della politica italiana verso il giornalismo e la letteratura di denuncia. “Chiunque faccia campagna elettorale ­ sottolinea lo scrittore ­ promette che il proprio sarà il governo del fare, delle azioni e che le parole saranno messe al bando, che le promesse saranno mantenute. Poi accade inesorabilmente che quando si va al potere il racconto della propria terra che si vuole fare, e l’unico che si accetta di ascoltare, sia tutto concentrato sulle bellezze naturali e sull’amore che ciascun italiano dovrebbe provare per la patria. Rispetto prima di tutto e a prescindere da tutto. A prescindere da come si vive, dalle opportunità, dal rispetto che a loro volta i cittadini ricevono dalle istituzioni. A prescindere dalle ingiustizie che subiscono. Per capire il concetto: quando si è al potere il racconto di ciò che funziona diventa l’unico racconto possibile e non è lontano da una normale quanto ridicola dinamica di autocompiacimento”. Prosegue Saviano: “Ma tra l’amore che ciascun individuo prova per la propria terra, quell’amore che la politica peggiore continuamente ci invita a esternare, e la politica stessa, non esiste alcun legame. Se non la constatazione che le bellezze che siamo costantemente invitati a decantare, ai nostri amministratori, non devono nulla. Esse esistono e resistono nonostante la politica non grazie alla politica. In un Paese in cui deve essere normale amare il proprio Paese ed è considerato deprecabile sottolineare ciò che non funziona, non c’è spazio per alcun miglioramento”. E conclude: “È troppo facile per i nostri amministratori invitarci ad amare il nostro Paese e a non denunciare ciò che non funziona. Troppo facile e autoassolutorio. E questo non possiamo accettarlo, perché compito della politica non è solo difendere la bellezza di un territorio, ma dotare quella bellezza e l’amore per la propria terra di vivibilità. Quando questo non accade, la politica ha fallito miseramente e non deve in alcun modo appropriarsi di vittorie che non le appartengono, che non appartengono a nessuno, ma che sono patrimonio dell’umanità. Un patrimonio che la cattiva gestione sta compromettendo”.

 

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