Sesso e soldi dalle studentesse per superare l’esame. La Procura di Bari ha chiesto il rinvio a giudizio per un professore universitario casertano, A.T., per i reati di concussione, tentata concussione, violenza sessuale aggravata e tentata violenza sessuale nei confronti di due studentesse. I fatti contestati risalgono agli anni 2011-2015. Il docente avrebbe chiesto, minacciando le presunte vittime, prestazioni sessuali e, ad una delle due, anche denaro per superare gli esami. Stando alle indagini del pm Marco D’Agostino, il professore, titolare della cattedra di Diritto civile del dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Bari, avrebbe costretto, secondo quanto sostiene la Procura, «in più occasioni», tra maggio 2014 e gennaio 2015, una studentessa 23enne a subire atti sessuali nel suo studio professionale privato e poi, dopo averle chiesto «espressamente di avere rapporti sessuali altrimenti non avrebbe di fatto potuto continuare gli studi», e aver ottenuto il diniego della ragazza, si sarebbe fatto promettere la somma di 500 euro ad esame.

Per superare quello di Diritto civile, «dopo aver tentato nuovamente di abusare sessualmente della ragazza», si sarebbe fatto consegnare 1.000 euro in contanti. Le concussioni contestate sarebbero avvenute «sotto la esplicita minaccia – si legge nell’imputazione – di impedirle la prosecuzione degli studi universitari o comunque di frapporre ostacoli al suo corretto svolgimento, in quanto persona influente in ambito universitario, in grado di condizionare in positivo e in negativo, grazie alla sua posizione accademica e alle conoscenze dirette con diversi altri docenti, il buon esito degli ulteriori esami che la ragazza avrebbe sostenuto». Tre anni prima, nel 2011, quando il prof casertano era titolare della cattedra di Diritto privato della facoltà di Giurisprudenza dello stesso Ateneo, avrebbe tentato di ottenere prestazioni sessuali da un’altra studentessa «sotto la minaccia implicita di subire conseguenze negative durante l’imminente esame di istituzioni di diritto privato». La ragazza, all’epoca 20enne al primo anno di Giurisprudenza, si sarebbe rifiutata di concedergli prestazioni sessuali e nell’appello di maggio supervisionato da Volpe fu bocciata (poi promossa due mesi dopo con un altro docente).

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