Sarebbe un 46enne di Gragnano con alcuni precedenti alle spalle l’uomo ritrovato privo di vita, con un masso legato al collo, nelle acque della spiaggia delle Sette Scogliere di Rovigliano, alla periferia di Torre Annunziata. A ritrovare il cadavere era stato un pescatore domenica pomeriggio, che aveva visto il corpo riaffiorare dal mare e aveva subito dato l’allarme. Sul caso, un vero e proprio giallo dai contorni ancora tutti da chiarire, indagano i carabinieri della compagnia di Torre Annunziata, coordinati dalla Procura oplontina (procuratore Nunzio Fragliasso, sostituto Giuliano Schioppi) che ipotizzano il reato di omicidio volontario, al momento contro ignoti. Dell’accaduto è stata avvisata anche la Direzione distrettuale Antimafia di Napoli, perché al momento non è esclusa neanche la pista della camorra. Il corpo privo di vita è stato trovato in mare, con un cappio al collo che lo teneva ancorato a un masso sul fondo, in una zona dove l’acqua non è molto profonda. Un dettaglio, quello del cappio per far sparire per sempre ogni traccia del cadavere, che ricorda alcuni terribili delitti di mafia. Sulla testa e sulle braccia sono stati trovati segni evidenti di una colluttazione, secondo il medico legale Antonio Sorrentino che ha effettuato un primo esame esterno della salma, prima dell’autopsia che sarà eseguita nei prossimi giorni. Ora c’è da capire se quell’uomo sia stato prima ammazzato e poi gettato in mare, oppure se sia annegato lì. E ancora, se sia arrivato in quel luogo isolato da solo per incontrare qualcuno, oppure se sia stato trascinato lì quando ormai era già privo di sensi, se non addirittura morto. Una serie di dettagli che saranno svelati nel corso delle indagini, che proseguono senza sosta da domenica pomeriggio. L’identificazione della salma è stata complicata, anche perché nessuno aveva presentato denuncia di scomparsa nelle ultime ore. Decisivi per arrivare ad ipotizzare che si tratti del 46enne di Gragnano sono stati alcuni tatuaggi, tra cui due lettere M sul polso. Per il riconoscimento ufficiale, tuttavia, potrebbe essere necessario l’esame del Dna. In fase di separazione, il 46enne viveva da solo in un appartamento al centro di Gragnano, che ieri è stato perquisito dai carabinieri: in casa non c’era nessuno e questa potrebbe essere un’altra conferma della sua identità. Esattamente un mese fa, il 46enne era stato arrestato per una rapina impropria avvenuta nell’area stabiese: era entrato in un supermercato e aveva sottratto generi alimentari, per poi provare a fuggire in scooter nonostante l’intervento di un carabiniere libero da servizio, che rimase lievemente ferito. Visti i precedenti, gli investigatori ipotizzano che l’uomo possa essere stato ucciso proprio dopo un tentativo di furto ai danni della persona «sbagliata» e che potrebbe essere stato tramortito con un oggetto contundente, probabilmente un martello. Una volta privo di sensi, se non addirittura già morto, l’uomo potrebbe essere stato caricato in auto, in direzione Torre Annunziata. Il delitto si è consumato tra sabato e domenica: il cadavere non era in acqua da più di 48 ore, secondo il medico legale, dunque si trattava di un omicidio relativamente recente. Forse la corrente forte e il mare agitato hanno riportato verso riva e a galla il suo corpo, che era stato legato con una corda ad un grosso masso. Con il riconoscimento ancora tutto da effettuare, le indagini si concentrano sul possibile movente e sull’identificazione degli assassini, che potrebbero essere proprio dell’area dei monti Lattari. E le modalità e il luogo del ritrovamento del corpo della vittima potrebbero essere state una scelta degli assassini per provare a depistare le indagini, se non un tentativo – non riuscito – di far sparire per sempre ogni traccia.