Già nei mesi scorsi aveva fatto discutere la messa a punto di quella che è stata definita la “Tesla dell’eutanasia”. Adesso, dopo la notizia del primo suicidio assistito, la polizia svizzera ha fatto sapere che diverse persone sono state arrestate e che è stato aperto un procedimento penale per la morte di una persona in una nuova “capsula suicida”. In un comunicato, il gruppo Exit International ha dichiarato che ad usare Sarco è stata una donna di 64 anni del Midwest degli Stati Uniti che soffriva di “grave compromissione immunitaria”. Florian Willet, co-presidente di The Last Resort, un’affiliata svizzera di Exit International, era l’unica persona presente e ha descritto la morte della donna come “pacifica, rapida e dignitosa”.

Cos’è ‘Sarco’
La capsula per il suicidio assistito ‘Sarco’, che non è mai stata utilizzata prima, è progettata per consentire a una persona all’interno di premere un pulsante che inietta azoto nella camera sigillata. La persona dovrebbe poi addormentarsi e morire per soffocamento in pochi minuti. A crearla è stata l’azienda olandese Exit International che ha realizzato il dispositivo attraverso una stampa in 3D, il cui sviluppo è costato oltre un milione di dollari. Secondo indiscrezioni, pare che i procuratori del cantone di Sciaffusa siano stati informati da uno studio legale di un potenziale suicidio attraverso l’uso di Sarco presso una baita nella foresta di Merishausen, vicino al confine con la Germania.

Gli arresti
Il quotidiano olandese Volkskrant ha riferito che la polizia ha trattenuto uno dei suoi fotografi che volevano fotografare l’uso del Sarco. La legge svizzera consente il suicidio assistito a condizione che la persona si tolga la vita senza “assistenza esterna” e che coloro che la aiutano a morire non lo facciano per “alcun motivo egoistico”. Il dottor Philip Nitschke, medico di origine australiana che lavora per Exit International ha sottolineato che l’azienda aveva ricevuto pareri favorevoli dai legali secondo i quali l’uso del dispositivo poteva considerarsi legale in Svizzera. Di parere contrario Peter Sticher, procuratore di Stato a Sciaffusa, che già a luglio aveva scritto agli avvocati di Exit International per avvisare che gli operatori della capsula suicida avrebbero potuto essere sottoposti a un procedimento penale e che qualsiasi condanna avrebbe potuto comportare fino a cinque anni di carcere.

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