Con lo smontaggio dei ponteggi e l’eliminazione dei transennamenti sono stati portati a termine in questi giorni i lavori di restauro delle facciate esterne ed interne della Reggia di Caserta, finanziati con fondi europei. Gli interventi partirono dopo alcuni crolli dalle facciate di materiale lapideo verificatisi tra il settembre e l’ottobre del 2012. Domani il quadro completo dei lavori verrà illustrato nel corso di una conferenza stampa nel Teatro di Corte. Un sospiro di sollievo per il Monumento patrimonio dell’Unesco la cui immagine negli ultimi 4 anni è stata appannata anche dalla presenza delle transenne, che furono poste dopo i crolli a tutela della pubblica incolumità, e del cantiere, con le impalcature a coprire parzialmente parti della facciata. Al ripristino della fruibilità delle corti interne e dei varchi della galleria porticata si associa ora il risultato del tutto inedito della liberazione dei prospetti interni ai cortili dallo strato di sporco che ne obliterava l’originario cromatismo. Negli ultimi anni infatti la manutenzione ordinaria, a causa della trasformazione della Reggia da monumento gestito dalla tradizionale Sovrintendenza a museo dotato di piena autonomia, è stata effettuata a singhiozzo. I lavori di restauro, articolati in tre lotti eseguiti da aziende italiane specializzate e riconosciute come eccellenze nel settore, sono durati complessivamente 2 anni e mezzo ed hanno investito una superficie di circa 74.000 mq. Il progetto di restauro appaltato, redatto dalla Soprintendenza nel periodo in cui le era affidata la gestione della Reggia, aveva individuato come causa principale dei distacchi di porzioni di pietra dalle facciate l’ossidazione degli antichi ancoraggi in ferro, dovuta all’infiltrazione di acqua meteoriche favorita dalla crescita di erbe infestanti negli sporti delle cornici. L’avvio dei cantieri ha consentito di eseguire indagini strumentali, prove distruttive e ispezioni ravvicinate mirate all’approfondimento della diagnosi iniziale. Le indagini eseguita con pacometro e georadar hanno consentito di individuare la presenza di numerosissimi inserti metallici a diverse profondità quali grappe, zanche, ferri di allineamento in costruzione, pur non riuscendo a rilevare l’entità di fenomeni di ossidazione capaci di provocare l’espulsione di frammenti lapidei. La termografia ha poi individuato le zone soggette ad infiltrazione di acqua e ad incrostazioni superficiali, consentendo di affinare la mappatura del degrado effettuata in fase di progetto. Dal dopoguerra in poi gli interventi manutentivi, oltre ad essere sempre parziali, per ragioni di insufficienza di fondi, non avevano mai dato un risultato analogo per l’indisponibilità delle moderne tecniche di eliminazione delle croste nere e delle incrostazioni biologiche con impacchi di carbonato di ammonio. Lo smontaggio dei ponteggi consente oggi di apprezzare la bicromia originaria della composizione architettonica dei prospetti di due interi cortili e di due fronti degli altri due.