CASERTA – Al Teatro Civico 14 di Caserta ritorna la rassegna “a cappello” ideata da Domenico Santo. Venerdì 14 dicembre [ore 21,00], nell’ambito di Sciapò | Al Civico col Cappello, andrà in scena ARTURO LO CHEF – un cuoco di Villa Santa Maria, pièce scritta, diretta e interpretata da Stefano Angelucci Marino, liberamente ispirata alla penna di John Fante. La produzione I Guardiani dell’Oca/Teatro del Sangro calcherà le scene del teatro di vicolo della Ratta, lasciando liberi gli spettatori di esprimere il proprio gradimento con un’offerta in denaro al termine dello spettacolo.
Arturo, un giovane abruzzese dei giorni nostri, racconta la sua storia, l’avventura di un ragazzo che dall’Istituto Alberghiero di Villa Santa Maria, sognando di diventare un grande chef, arriva a lavorare in uno dei più famosi ristoranti di Los Angeles.
Villa Santa Maria, uno splendido paese della provincia di Chieti, è nota in Italia e nel mondo per essere “la patria dei cuochi”. L’origine della Cucina villese è veramente antica: La leggenda vuole che i primi cuochi villesi risalgano al 1560, all’epoca dei Principi Caracciolo, signori di Villa. Il principe Ferrante Caracciolo, in quegli anni, fondò la prima scuola alberghiera; fu proprio da quella scuola che diversi chef cominciarono, nel corso dei secoli, ad avventurarsi per i paesi del mondo in cerca di fortuna. Nel 1939, infine, venne fondato l’Istituto Professionale Alberghiero, la prestigiosa Scuola che ancora oggi rappresenta un punto di riferimento per la tradizione culinaria italiana.
Con grande ironia e semplicità si racconta di Arturo “lo chef” negli anni ‘90, degli inizi all’Alberghiero, della passione per i fornelli, degli scontri con i genitori, l’arrivo a Los Angeles, i primi amori, i colleghi e la dura vita di cucina. Attraverso la storia di Arturo e della sua famiglia Stefano Angelucci Marino, già sulle scene del Civico 14 nelle scorse Stagioni, costruisce uno spettacolo che racconta pezzi, stralci , spaccati di vita dei giovani cuochi di oggi, i loro sogni, i loro problemi, le sconfitte e i trionfi.
Il giovanissimo Arturo in famiglia sente scoppiettare l’idioma abruzzese che tra i componenti adulti del “clan” spesso rappresenta il mito dell’origine, il rifugio salvifico, l’identità ri-affermata, mentre per lui, per il giovane cuoco oramai pronto alla conquista del mondo (ossia gli Stati Uniti d’ America), significa solo emarginazione e disprezzo.
Inizia così l’avventura di un ragazzo che costruisce su di sé una visione dell’America come terra da conquistare. Conquistare l’America, il successo, la notorietà attraverso la grande passione per la cucina… e farla finita con l’ Abruzzo!
Da quel momento Arturo vive tutte le fasi della sua vita nel pieno di una forte contraddizione psicologica, in una specie di lunga crisi d’identità, indeciso tra la spinta all’integrazione piena (cioè verso la piena conquista di una dimensione “moderna”) e la difesa della propria radice autentica, rappresentata dal patrimonio di tradizioni dei genitori, di norma antiquati e fatalmente antagonisti rispetto alle ambizioni dei figli.