C’è una città antica ricca di testimonianze storiche, sommersa dal mare, che pian piano sta affiorando con le sue vestigia: anfore, aggregati di monoliti, àncore, opere antropiche, resti di antichi pavimenti stradali. E’ il patrimonio geoarcheologico e naturalistico dell’antica colonia romana di Sinuessa, risalente al II secolo a.C. che dal 2012 viene esplorato e classificato dai ricercatori del Laboratorio di Chimica Ambientale del Centro di Ricerca ENEA di Portici (Napoli), Alfredo Trocciola, Raffaele Pica e Carmine Minopoli. A portarlo alla luce, le strumentazioni tecnologiche altamente innovative in grado di monitorare le zone più recondite dei fondali nonostante la torbidità delle acque. E le future immersioni promettono nuove sorprese. All’Enea di Portici, la campagna di ricerca è considerata quasi una missione al servizio della collettività. Tutto è nato nel febbraio 2012, quando il Comune di Sessa Aurunca chiese all’Enea un intervento con indagini e studi di geomorfologia subacquea per la valorizzazione e promozione territoriale dell’area archeologica marina di Sinuessa.

L’obiettivo era, ed è, analizzare e appurare le probabili cause del fenomeno di sprofondamento delle strutture dell’antica colonia romana che si trovano attualmente alla profondità di circa dieci metri. Ad affiancare la squadra dei ricercatori il geologo del Comune di Sessa Aurunca, Pasquale Sarao, a collaborare l’associazione ‘Vivere il mare’. L’indagine sul sito antico è partita da un tronco viario che termina in prossimità del cordone dunale costiero, all’altezza del complesso residenziale di Baia Azzurra. Fin dalle prime immersioni ci si è imbattuti nella torbidità delle acque, un ostacolo che ha reso necessario l’utilizzo di una tecnologia sonar innovativa che permette di investigare i fondali in 3d, tecnologie Gps ad alta precisione che consentono di localizzare i reperti dell’area interessata. Il mare ha finora restituito importanti testimonianze. Ad una profondità di circa 8-10 metri sono stati rinvenuti 24 massi cubici, pilae romane, che confermano l’esistenza di un porto: si sa che erano impiegate nella costruzione di banchine a protezione dei porti. E ancora, a 3 metri di profondità, i resti di un antico pavimento stradale, con blocchi in pietra di dimensioni comprese tra 50 cm e un metro: una continuazione naturale con l’antico asse viario ancora oggi visibile a terra nel complesso residenziale di Baia Azzurra. A 8.5 metri una opera antropica ‘a forma di T’ da classificare e più in là, a 9 metri un’àncora di piombo di epoca romana. A 11 metri di profondità, un’anfora sostanzialmente integra. Le ricerche proseguiranno nei prossimi mesi alla riscoperta dell’intera città sommersa. Ezio Terzini, responsabile dell’Unità Tecnica Tecnologie del Centro di Portici, dice: ”C’è un porto sommerso e strutture viarie che il Comune è intenzionato a valorizzare con un piano di fruizione mentre la scienza sta andando avanti su quell’area riuscendo a portare elementi innovativi per quanto concerne la tettonica”. Interessanti novità anche sul versante delle specie marine: alcuni organismi che nel Mediterraneo si trovano a profondità più elevate, qui a causa dell’influenza di fattori chimico-fisici dell’area, vivono a 8-10 metri di profondità. Il patrimonio che sta affiorando sarà reso fruibile attraverso un itinerario subacqueo. Il tutto nel rispetto della Convenzione Unesco 2001 che ne prevede la conservazione in situ.

 

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