I filmini di famiglia, scovati in un cassetto del comò di casa, visti senza sapere cosa ci fosse dentro, sono stati una scoperta emozionante che ha pensato di condividere con chi vedrà SFIORANDO IL MURO, il film documentario che sarà fuori concorso, tra le proiezioni speciali, alla Mostra del cinema di Venezia (29 agosto-8 settembre).
Dentro quei super8 in technicolor il padre mai conosciuto era lì a sorridere a quella bimba di tre anni nel cortile di casa, a Padova. La bimba è Silvia Giralucci, l’anno é il ’74 e il padre e’ Graziano, rugbista, agente di commercio, 29 anni appena. Suo malgrado è nella storia dolorosa d’Italia: storicamente infatti Graziano Giralucci è, con Giuseppe Mazzola, il primo morto delle Brigate Rosse. Accadde in Via Zabarella 24 durante un assalto nella sede dell’MSI-DN di Padova. Per la morte dei due militanti del Movimento sociale sono stati condannati per concorso morale Renato Curcio, Mario Moretti ed Alberto Franceschini e come esecutori Susanna Ronconi, Roberto Ognibene, Fabrizio Pelli, Giorgio Semeria, Martino Serafini.
“Ho cercato in questi anni – dice Giralucci in un’intervista esclusiva all’ANSA – di capire come negli anni ’70 la violenza potesse essere considerata cosi’ normale. Una ricerca dolorosa perché mi ha portato ad incontrare persone che magari il loro passato lo hanno archiviato, nascondendolo anche ai figli, e hanno trovato invece davanti una persona che del padre non ha immagini né ricordi e vuole che la aiutino a ricostruire, riempire un vuoto. Con Mario Calabresi e Benedetta Tobagi, cui mi unisce amicizia, vicinanza, apparteniamo a quel gruppo di persone vittime di quegli anni. ma disponibili a lasciare fuori il rancore per il bisogno di capire. La mia, la nostra, è una ricerca che non finirà mai ma oggi che dopo il libro – L’inferno sono gli altri (Mondadori), 2011 ndr – ho finito il documentario, ammetto che mi sento un po’ meglio”.
Diretto con Luca Ricciardi, prodotto da DocLab di Marco Visalberghi, senza fondi pubblici (“Il Mibac ci ha detto no, non mi chieda perché”) se non della Regione Veneto, Sfiorando il muro si concentra su Padova, intorno alla metà degli anni ’70, in quel ventre generatore del terrorismo che fu l’Università. Silvia Giralucci é andata a ritrovare personaggi in vista di allora, “molte porte sbattute ma anche persone che non hanno voluto negare il passato come Raul Franceschi di Autonomia operaia, scappato in Francia per non finire in galera, 10 anni di eroina, che ho ritrovato a Parigi oggi cinquantenne sofferente ancora per quel ‘sogno’ in cui ha rimesso il suo futuro”. Sfiorando il muro è stato faticoso, “non una cosa asettica ma tutto molto personale al punto che la voce narrante è la mia stessa.
Tanti i film videoamatoriali presi nelle Teche Rai, nell’Archivio del movimento operaio e a casa mia”, racconta la Giralucci, giornalista che il 9 maggio scorso il presidente Napolitano ha voluto a condurre al Quirinale la Giornata della Memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi. Dopo tanto cercare che risposta ha dato a quella domanda iniziale? “L’incoscienza giovanile, la convinzione che la rivoluzione fosse davvero dietro l’angolo e quindi gli assalti, le molotov, gli attentati, i morti fossero necessari come in ogni rivoluzione; riconosco ‘il sogno’ di quei ragazzi di Autonomia ma anche l’influenza dei cattivi maestri che hanno pagato tanto poco”. Il più noto di questi, Toni Negri, “non mi ha voluto incontrare e quando per caso su un treno ci siamo trovati faccia a faccia mi ha ribadito il suo no senza voler gettare la maschera”.
Perché lui come altri non hanno ammesso il confronto? “A Padova il 7 aprile – data del maxi arresto nel ’79 di giornalisti, professori, leader e militanti del movimento e di Potere Operaio, tra loro Toni Negri, Oreste Scalzone, Franco Piperno, accusati di associazione sovversiva e insurrezione armata contro lo stato, ndr – e’ ancora oggi per la città una data tabù, una ferita mai rimarginata”. Nel documentario la Giralucci fa parlare anche il grande ‘inquisitore’ Pietro Calogero, che firmò gli ordini di arresto del 7 aprile, e poi Guido Petter, docente di pedagogia, ex ’68 che nel ’77 scelse di difendere le istituzioni diventando un violentissimo bersaglio degli autonomi, salvo per miracolo dopo il cranio spaccato da un assalto chiave inglese in mano. La sofferenza più forte nell’incontro con Stefania Paternò, militante del Fronte della Gioventù, ‘pupilla’ di Giorgio Almirante, compagna politica di rischi e volantinaggio del padre Graziano. Sfiorando il muro farà discutere a Venezia? “Lo temo sinceramente. Anche la destra non lo amerà, non ho mai accettato di essere la figlia di un martire, ricordato nelle manifestazioni con ‘Graziano Giralucci, presente’, un papà che la violenza cieca di quegli anni non mi ha mai fatto conoscere”.