‘Hugo Cabret’, il film di Martin Scorsese, è come una favola dentro un sogno. E così come in una perfetta Wunderkammer (una camera della meraviglie di celluloide) mette in vetrina tutto l’armamentario dell’immaginazione: dalla storia del cinema alla magia (le due cose giustamente si confondono),

dagli ingranaggi degli orologi che regolano il tempo tiranno agli automi-golem pieni di segreti, dalla ricerca del padre, ovvero delle proprie origini, all’odio che c’é verso la creatività, il tutto per regalare 125 minuti pieni di stupore in cui anche la stessa tecnologia 3D trova finalmente il suo senso. Alla prima stampa a Roma del film, che sarà nelle sale dal 3 febbraio distribuito da 01 in oltre 400 copie, un religioso silenzio ha accompagnato le oltre due ore di quest’opera che ha il primato di nomination agli Oscar 2012, ben 11, tra cui quella per la miglior scenografia ai nostri Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo. Tratto dal romanzo best seller ‘La straordinaria invenzione di Hugo Cabret’ di Brian Selznick (Mondadori) il film racconta la storia di un bambino-pinocchio che, rimasto orfano, vive nella stazione ferroviaria di Parigi de La Gare du Nord, rubacchiando di qua e di là, e accudendo gli amati ed enormi orologi della stazione.

Unico suo cruccio, quello di far rivivere l’automa meccanico lasciatogli dal padre che sembra nascondere il suo ultimo messaggio. Nella storia di questo orfano (Asa Butterfield, Il ragazzo con il pigiama a righe), che vive nella Parigi degli anni ’30 – raccontata da Selznick nel libro anche con schizzi minimalisti a carboncino -, anche delle parodie del male come l’ispettore della stazione (Sacha Baron Cohen), orfano e nemico acerrimo, insieme al suo fedele dobermann, di tutti gli orfanelli perdigiorno e ruba croissant che incontra in quella che ritiene la sua stazione. Dalla parte invece di Hugo Cabret una vivace ragazzina, Isabelle (Chloe Moretz), figlioccia del vero protagonista simbolico del film ovvero Ben Kingsley nel ruolo di uno dei padri del cinema, il regista-illusionista Georges Melies che vive, dopo tanto successo, anche lui nella stazione come un semplice venditore di giocattoli. Sarà proprio Hugo Cabret, alla ricerca del mistero del suo triste automa che sembra non voler più rivivere, a dare al regista che ormai si è ritirato una seconda occasione. E così, tra la magia delle immagini di Scorsese, anche le sequenze di ‘Viaggio nella luna’, film del 1902 di Melies con la scena di culto di un razzo che si schianta sull’occhio della luna che ha un volto umano.

Nel megacast del film – che ha ottenuto tutte le più importanti candidature agli Academy Awards, compresa ovviamente quella di miglior film e regia e che ci potrebbe regalare ancora un meritato Oscar alla scenografia per il lavoro davvero impressionante fatto da Ferretti-Lo Schiavo – troviamo: Jude Law che fa il padre di Hugo, Johnny Depp (M. Roleau), Michael Pitt (il proiezionista), Christopher Lee (Sig. Labisse), Emily Mortimer (Lisette) e Ray Winstone (Zio Claude). Frase cult del film quella che Cabret dice alla sua dolce amica e coetanea Isabelle: “Credo che tutto il mondo sia un enorme ingranaggio e se io e te siamo qui vuol dire che per forza abbiamo anche un senso e uno scopo”.

 

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