La dieta mediterranea è considerata la migliore al mondo. E consiglia il consumo di pesce almeno 4 volte alla settimana, fabbisogno soddisfatto solo parzialmente dal pescato nostrano che copre circa il 30% della domanda. Da qui la necessità di un’alternativa, il pesce d’acquacoltura, che garantisce l’origine del prodotto, la tracciabilità, le caratteristiche nutrizionali e la sostenibilità lungo tutta la filiera. Per questo la Camera di Commercio di Caserta ha ideato un progetto per promuovere i prodotti dell’acquacoltura L’acquacoltura è la produzione di organismi acquatici, principalmente pesci, crostacei e molluschi, ma anche alghe, in ambienti confinati e controllati dall’uomo. A seconda del tipo di allevamento, questi ambienti vengono denominati: peschiere, vivai, valli da pesca o stagni. Il termine acquacoltura si contrappone generalmente alla pesca, nella quale l’uomo si limita a prelevare dagli stock naturali i prodotti di cui ha bisogno, tuttavia è considerata forma di acquacoltura anche la bivalvicoltura nella quale l’intervento dell’uomo è solitamente limitato a fornire un supporto meccanico adatto all’attecchimento degli organismi acquatici, per facilitarne lo sviluppo ed il prelievo finale. Infatti nella produzione dei molluschi bivalvi (bivalvia), le fasi di ingrasso sono generalmente affidate alla disponibilità trofica dell’ambiente naturale. Il “seme”, cioè il materiale più giovane da avviare all’ingrasso, è più frequentemente prelevato dal mare, ma in alcuni casi può essere prodotto artificialmente in appositi schiuditoi. In queste strutture vengono prodotte grandi quantità di microalghe necessarie all’alimentazione dei bivalvi, fino al raggiungimento della dimensione adatta alla messa a dimora definitiva. La pratica dell’acquacoltura è stata accertata fin da tempi molto antichi nell’economia di differenti civiltà. Nel I secolo a.C. Sergio Orata avviò un allevamento di ostriche nella località di Baia in Campania.

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