LIMATOLA – “La proprietà di Tesseci e Tintoseta, dopo l’affannosa smentita fatta sui giornali l’altro giorno, deve venirci a dire una volta e per tutte la verità. Deve dire se è vero che ha intenzione di chiudere anche lo stabilimento di Limatola oppure, dopo quello che ha sostenuto, vuole rilanciarsi. Non si può giocare sulla pelle di 108 persone”.

E’ stata la prima frase di un lungo discorso ai dipendenti Tesseci che Angelo Papadimitra, segretario provinciale della Filctem CGIL, ha tenuto nel salone del sindacato di via Verdi. Un affondo non solo contro l’ex presidente di Confindustria Caserta Carlo Cicala, la cui famiglia è la proprietaria dei due stabilimenti, ma contro l’intera associazione datoriale. “Confindustria Caserta deve svestire i panni da notaio delle chiusure aziendali e vestire quelli, che le dovrebbero essere congeniali per il suo dna, di centro di un’azione che aiuti la ripresa dell’industria in provincia di Caserta. Se non pensa lei ad aprire un percorso che porti alla costituzione di un polo serico degno di nota – ha sostenuto – chi ci deve pensare? Noi sindacati?”.

 

Un’arringa, quella di Papadimitra e del segretario della Femca Cisl Antonio Campanile, durata poco più di un’ora, durante la quale le organizzazioni sindacali hanno ribadito quanto sostenuto nei giorni scorsi, ossia la paura che la procedura di amministrazione avviata con il concordato abbia come fine ultimo la chiusura dello stabilimento e non il suo rilancio. Una paura forte che, a partire già dal prossimo fine settimana, porterà i cento operai Tesseci e gli otto Tintoseta, questi ultimi già senza lavoro, per le strade di Limatola e Caserta, per poi farli tornare in assemblea all’interno della fabbrica.

“Interverremo con decisione perché in questa storia ci sono 108 famiglie che combattono per la loro dignità. Dico 108 perché i dipendenti Tesseci rischiano di aggiungersi a quelli Tintoseta, che di sicuro la loro, di dignità, la hanno già persa” ha spiegato Angelo Papadimitra, segretario provinciale Filctem Cgil, durante l’assemblea. L’accostamento del sindacalista non è stato casuale. “Abbiamo chiesto al curatore di assorbire gli otto operai Tintoseta perché questa ha lavorato esclusivamente per l’altra e, vista l’identica proprietà, possiamo sostenere a ragione che si tratti della stessa realtà industriale”.

Un lungo discorso, quello del sindacalista, concluso con l’invito a non andare al lavoro se la chiamata non arriverà direttamente dal curatore. “Dopo svariati incontri con i suoi legali dell’azienda ci siamo convinti che la salvaguardia dei posti di lavoro non sia proprio fra gli obiettivi prioritari. Questa convinzione, unita alla dichiarazione del commissario che ha sostenuto di non voler regalare nulla a quest’azienda non autorizzando neanche un minuto di lavoro senza l’assenso diretto del giudice”.

Invito ripreso da Antonio Campanile, segretario provinciale Femca Cisl. “Vogliamo inoltre che la proprietà ci dica dove va a fare i lavori che prima faceva fare a Tintoseta – ha dichiarato – perché se la produzione Tesseci continua allora non vediamo il motivo di chiudere l’altra azienda visto che processo più economica è difficile trovare”.

Una considerazione ribadita anche da uno dei dipendenti presenti “Perché nonostante i setifici chiudono, quando si gira per le manifestazioni le sete di San Leucio le troviamo sempre e ci chiediamo dove vengano prodotte”.

Dal canto suo la proprietà, interpellata, ha ritenuto di non dover commentare quanto accaduto e ha ribadito la volontà a chiudere lo stabilimento evitando il fallimento dell’azienda.

Alessandro Dorelli

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