Scontro, ancora scontro. Lavoro e Jobs Act: il premier attacca, la Cgil ribatte, i toni si innalzano e la tensione si impenna. Si avvicina il dicembre dello scontento e Matteo Renzi apre un fuoco di sbarramento contro chi vuole lo sciopero generale. “Invidio chi passa il tempo a organizzare gli scioperi, a inventarsi motivi per scioperare, non parlo dei lavoratori ma dei sindacalisti, ci sono stati piu’ scioperi in queste settimane che contro gli altri governi”, tuona in un’intervista radiofonica, “Io non mi occupo di organizzare scioperi ma di creare lavoro”. Ma sia chiaro: “io non mi rassegno. Possono fare gli scioperi, ma abbiamo promesso che cambieremo e, piaccia o non piaccia ai sindacalisti oppositori e gufi, cambieremo il Paese perche’ lo abbiamo promesso agli italiani”. Segue un audace accostamento: “Salvini e Camusso sono facce della stessa medaglia”. Si tratta di leader della protesta, suggerisce, e non della proposta. Quindi il governo e’ pronto a usare le maniere parlamentariamente forti. “Si'”, ammette alla fine Renzi, “siamo pronti a mettere la fiducia se servisse, lo valuteremo al momento giusto. Vedremo”. Tirata in ballo, Susanna Camusso replica da lontano. Sembra che a darle fastidio non siano tanto i paragoni ornitologici quanto l’accostamento con la Lega. “Mi pare che il presidente del Consiglio sia dotato di poca fantasia, ultimamente ripete cose che sono gia’ circolate”, reagisce con un certo algido distacco, “Dopodiche’ penso che il problema ormai sempre piu’ evidente e’ che il presidente del Consiglio dialoga solo con chi gli da’ ragione”. Invece di fare cosi’, Renzi dovrebbe riflettere e si ponga il problema: “se i lavoratori hanno riempito la piazza il 25 ottobre a Roma e continua la mobilitazione, forse bisognerebbe ascoltare le ragioni di quel disagio presente nel mondo del lavoro”. Il duello continua.


 

 

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