NAPOLI – E’ negativo il bilancio dei primi dieci giorni di saldi a Napoli. Crisi e pochi soldi da spendere, questi i fattori determinanti dello scarso volume di acquisti e vendite lamentato da entrambi i lati della cassa. “Le persone che entrano nei negozi sono le stesse degli anni scorsi, ma e’ l’acquisto che e’ caduto del 30%”, spiega il presidente di Confesercenti Napoli, Vincenzo Schiavo.
“Avevo fatto questa previsione amara – dice- gia’ a novembre, perche’ i dati parlavano di imprese che continuano a chiudere. D’altra parte, se nella citta’ e nella regione tante persone finiscono in cassintegrazione o perdono il lavoro non c’e’ una via di fuga”. Schiavo sottolinea “la mancanza di ottimismo nei consumatori e nei commercianti: la politica del governo Monti e’ una politica che spaventa le persone, che non sanno domani cosa succedera’ e quanto peseranno gli acquisti nel bilancio familiare, inevitabili le ripercussioni nel commerciale”. Confesercenti ha raccolto i pareri dei commercianti nei primi dieci giorni di saldi, cominciati il 5 gennaio: “Percepiscono l’aria pesante che c’e’ in giro – racconta Schiavo – e molti sono carichi di aspettative sperando che arrivino le persone quando i saldi saliranno sopra il 50%, cosa che succedera’ ma, temo, non quanto speriamo. Purtroppo la politica ha sbagliato il tiro, perche’ dove ci sono problemi di difficolta’ economica bisogna dare ottimismo, invece si e’ detto alle persone che l’anno prossimo potra’ costare di piu’ l’energia elettrica e potra’ salire l’Iva”. Il presidente di Confesercenti Napoli boccia anche le intenzioni dell’esecutivo sulle liberalizzazioni: “Non capisco cosa sperano di ottenere, aumenteranno i costi che inevitabilmente finira’ per pagare il consumatore”. Per Rosario Stornaiuolo, presidente di Federconsumatori Napoli, “i saldi hanno seguito di fatto l’andamento economico del Natale. Le tredicesime sono state destinate in gran parte alle bollette e alle spese arretrate, quindi pochissime persone hanno potuto spendere qualcosa. I negozi sono pressoche’ vuoti e la gente ha comprato solo lo stretto necessario, rinviando ancora una volta le compere”. Anche per Stornaiuolo, “c’e’ una brutta atmosfera in citta’, i cittadini spendono molto meno perche’ preoccupati per il futuro”. Sui prezzi, spiega, “incidera’ anche l’aumento della benzina, arrivata a Napoli sopra gli 1,80 euro al litro facendone la citta’ piu’ cara, perche’ la maggior parte dei prodotti che si trovano nei supermercati e nei negozi viene trasportato su gomma”. Federconsumatori Napoli quantifica la spesa di ogni famiglia per i saldi “intorno ai 190 euro, un dato che ci riporta indietro di molti anni. E’ preoccupante a tal proposito la crisi di alcuni settori, come quello delle calzature, dove in tanti hanno manifestato l’intenzione di vendere la propria azienda o di cedere la licenza. La spesa per le scarpe e’ diventata quella di cui piu’ si fa a meno, magari tornando allo schema di tanti anni fa quando si andava a far risuolare le calzature piuttosto che comprarne altre. Ma e’ tutto il settore abbigliamento che ha riscontrato forti cali”. Secondo Stornaiuolo, “il periodo dei saldi e’ da eliminare, anche perche’ quest’anno e’ iniziato molto prima, gia’ nel periodo di Natale quando attraverso formule diverse i commercianti hanno abbassato i prezzi. E saldi del 70 o dell’80% non sono piu’ saldi ma veri bidoni, puo’ facilmente trattarsi di capi di 4 anni prima”. Per mettere in guardia chi spende, Federconsumatori Napoli ha stilato un decalogo “per evitare brutte sorprese in questo periodo di svendite”. Tra le regole da seguire, conservare sempre lo scontrino, fare attenzione ai cartellini sui quali dev’esserci il vecchio prezzo e la percentuale di sconto, girare piu’ negozi e utilizzare bancomat e carte di credito. “C’e’ stato chi ha alzato il prezzo poco prima dell’inizio dei saldi, ma la crisi ha portato i consumatori a diventare esperti, se ne accorgono e denunciano”, spiega Stornaiuolo, che vede di buon occhio la liberalizzazione degli orari dei negozi scattata aNapoli da inizio anno, anche se “se ne discute troppo e a volte in modo non esatto. Si da’ semplicemente la possibilita’ al commerciante di poter stare aperto, il che non significa necessariamente un aumento di vendite o consumi, ma di dare la possibilita’ ai consumatori di poter fare acquisti senza l’assillo degli orari, con meno stress, e in una grande citta’ come Napoli questo puo’ essere un fattore di modernita’ e sviluppo”. L’invito di Stornaiuolo e’ quello di “sederci tutti intorno a un tavolo, anche con il Comune, per stabilire una sorta di autoregolamentazione delle varie zone, un po’ come cerchiamo di fare per la settimana di Ferragosto per evitare che tutti gli esercizi chiudano”. La liberalizzazione degli orari, secondo Stornaiuolo, “favorira’ la grande distribuzione solo finche’ il piccolo commercio non uscira’ dal corporativismo, e lo abbiamo visto anche con le proteste per la Ztl. Una metropoli come Napoli non puo’ restare con i vecchi orari, ma questo non riguarda solo il commercio: sono gli orari sociali che cambiano, bisogna poter andare a richiedere un documento al Comune anche il sabato pomeriggio, o poter andare in banca dopo le 16. E i commercianti devono sapere che tutta la citta’ cambiera’ e non saranno gli unici a essere oggetto della liberalizzazione degli orari, altrimenti non accetteranno il cambiamento”. Per Confesercenti Napoli, il parere sulla liberalizzazione degli orari resta negativo: “Siamo assolutamente contrari – dichiara il presidente Schiavo – in questo momento di grande pessimismo economico si tengono aperti i negozi, ma se non c’e’ domanda quale negoziante rimarra’ aperto? Saranno solo le grandi catene a farlo, facendolo pesare sui lavoratori e sostenendo piu’ costi che i consumatori come sempre pagheranno”. ”E’ una strategia -aggiunge- che non funziona, la liberalizzazione va guidata dal mondo politico che ha il grande onere di assumersi le responsabilita’. Bisogna guardare alle cose serie: abbiamo un commercio invaso da merce contraffatta, venduta davanti ai negozi. Uno scempio che vediamo solo qui in questa regione, e in questa citta’: a Berlino sarebbe impossibile pensare a un vu cumpra’ che vende una borsa di Fendi taroccata davanti a un negozio di pelletteria”. ”Ma li’ c’e’ uno Stato che tutela chi paga le tasse. Vorrei che la nostra politica si assumessere le proprie responsabilita’, senza chiedere sempre di farlo solo a cittadini e commercianti”, conclude Schiavo.