NAPOLI – Celebrare l’assemblea regionale tra il 15 e il 18 luglio e arrivarci attraverso un percorso di assemblee provinciali, dal 10 giugno circa fino alla prima settimana di luglio. In mezzo un’azione politica, a risonanza pubblica, capace di convogliare l’attenzione sulla cooperazione sociale campana, un traino per il welfare e l’economia, ma che le istituzioni bistrattano. Eccola l’agenda di Federsolidarietà Confcooperative Campania che, da qui a due mesi, si appresta ad uscire dal commissariamento.

Alla riunione per definire il percorso c’erano i coordinatori della Federazione e un gruppo di cooperatori che si faranno portavoce delle azioni sui territori di riferimento. “L’ideale sarebbe arrivare all’Assemblea con la consapevolezza di far parte di un movimento. Un movimento oggi tartassato,  su cui, tuttavia, si erge metà del welfare.  Un movimento che deve ritrovare la coesione e l’energia giusta, da un lato per farsi ascoltare, e dall’altro per guardare più in là di oggi” dice Carlo Mitra, attualmente commissario sia della Federazione che dell’Unione regionale.

 

 

Oltre questi appuntamenti, i cooperatori lavoreranno, divisi per gruppi, su temi centrali per lo sviluppo e la crescita della cooperazione sociale.

I gruppi sono:

1.    Assistenza primaria
2.    Inserimento lavorativo
3.    Turismo e Cooperazione
4.    Residenzialità

Ad oggi aderiscono ai gruppi circa venti cooperatori, impegnati in base alle proprie competenze. I raggruppamenti sono aperti e chiunque, tra i cooperatori, desideri mettersi in gioco può farlo. Non dovrà fare altro che contattare l’Unione regionale.

Si è discusso anche dell’azione che la Federazione sta portando avanti con il Comune di Napoli per recuperare i crediti che le cooperative vantano da mesi e mesi (approfondisci qui), e del fatto che ancora oggimanchi in Campania una legge per la cooperazione sociale.

La Campania, infatti, è l’unica regione a non aver recepito la 381/91, la legge che prevede la costituzione di un albo per le cooperative sociali. Ed è una stranezza. L’ultimo rapporto Svimez (2012) ha evidenziato, difatti, che più della metà della cooperazione sociale è localizzata nel Mezzogiorno con 4.235 unità e una percentuale del 41,3%. In questa delimitazione, poi, è la Campania a detenere il primato di concentrazione. E non è difficile immaginare il perché.

Secondo lo Svimez lo sviluppo della cooperazione sociale è direttamente proporzionale alla debolezza del welfare locale. Attualmente gli enti locali attraverso gare d’appalto esternalizzano i servizi che richiedono alle cooperative, che a loro volta adottano sempre più standard organizzativi di rilievo, quali l’utilizzo di personale qualificato, la realizzazione di procedure formative e l’aggiornamento professionale, la dotazione di uffici amministrativi strutturati. Questa relazione ha condizionato il modello di sviluppo delle cooperative, orientandole a soddisfare la domanda di servizi socio-assistenziali e a rivolgersi prevalentemente alle utenze proprie delle pubbliche amministrazioni locali che, paradossalmente, ne stanno causando la morte.

 

I ritardi dei pagamenti della P.a. hanno superato in Campania la soglia di tollerabilità, con una conseguente frammentazione nella risposta ai bisogni della società locale. Accanto a questi fattori, riconducibili alla crisi del welfare state, un contributo fondamentale allo sviluppo della cooperazione sociale è venuto dalla società civile, attraverso la creazione di forme di volontariato auto-organizzato. Viviamo quindi una profonda contraddizione: se da un lato la cooperazione sociale permette la tenuto dello status quo sociale, dall’altro le istituzione non le tutelano in alcun modo.

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