Le dichiarazioni del boss pentito Iovine stanno scoperchiando la cupola di potere e connivenze del sistema di dominio dei casalesi. Dopo Carmine Schiavone ed altri pentiti stavolta a parlare è uno dei capi storici della camorra. E’ allarmante e disarmante il quadro che ne viene fuori, anche con nuove rivelazioni sul grado di collusione e di scambio tra politica, istituzioni e criminalità con il coinvolgimento di tanti amministratori ed imprenditori.
Questo esito è il frutto del lavoro più innovativo ed efficiente messo in campo dagli organi dello stato e della magistratura nell’opera di prevenzione e repressione. Ma non basta. Occorre reagire allo stupore ed allo sdegno rilanciando un nuovo movimento per affermare la legalità democratica con la mobilitazione delle forze sane e produttive, del mondo della scuola e della cultura, anche per non cadere vittime di un luogo comune:che in questo territorio non si salva nessuno, che tutti siamo coinvolti come i politici e le imprese che hanno fatto enormi affari con la delinquenza.
E’ vero il contrario: la maggioranza dei cittadini di Terra di Lavoro rimane estranea a questi traffici. Come abbiamo documentato in vari saggi c’è un” Sud che resiste”, fatto di tanti protagonisti che lottano per il riscatto civile e morale.
Oramai abbiamo una bibliografia abbondante di scritti che hanno documentato questo spaventoso “sistema dei casalesi”, da Gomorra a tanti altri (come Paolo Miggiano, Gianni Solino, Raffaele Sardo ed i testi del giovane Antonio Moccia, basati su sentenze e materiali giudiziari). Ma quello che manca ora è una adeguata mobilitazione a partire dalle istituzioni e dal mondo delle imprese e del lavoro – ma anche del terzo settore – come è emerso in alcuni eventi realizzati di recente con scarsa partecipazione ed attenzione. A mio avviso è necessaria una attenta riflessione su cosa sta succedendo sul fronte della lotta per la legalità democratica, in particolare nell’area più tristemente nota come terra di Gomorra. Ho l’impressione che qualcosa si sia incrinato rispetto alla grande stagione di mobilitazione degli anni scorsi, anche sul terreno culturale e civile.
Dopo il clamore mediatico intorno alle dichiarazioni dei pentiti non è possibile abbassare la guardia. In primo luogo occorre avere consapevolezza che è cambiato lo scenario per cui quelle che erano le terre di don Diana oggi sono diventate anche le terre dei fuochi e dei veleni agli occhi dell’opinione pubblica, che richiedono un urgente intervento di bonifica e di messa in sicurezza. C’ è il rischio di un ecocidio non solo ambientale, ma anche morale delle coscienze delle persone e dei cittadini.
Per rimettere in moto il Sud che resiste e che vuole riscattarsi, oggi non bastano più i messaggi simbolici. Occorre rilanciare la capacità e la volontà di fare rete e integrazione tra le forze vive e produttive (come è avvenuto nei momenti più significativi), tra il mondo del terzo settore e del lavoro, tra la società civile e le istituzioni. Ci vuole una narrazione collettiva. Nessuno può pensare di fare da solo, di poter vincere questa lotta impari solo facendo testimonianza con le proprie risorse ed iniziative.
A tal fine occorre rivedere anche alcune buone pratiche, come ad esempio quelle del camper e degli sportelli antiusura promossi dalla Camera di Commercio – che finora non hanno prodotto risultati soddisfacenti sul piano dell’adesione e della denuncia da parte degli operatori. Come pure deve far riflettere il fatto che non riesce a decollare un progetto rilevante come La Res finanziato dalla Fondazione con il Sud, che dovrebbe promuovere azioni di sviluppo locale con una nuova economica sociale e di rete – in cui non si riesce a mettere in sinergia enti e soggetti impegnati sul fronte dell’uso sociale e produttivo dei beni confiscati alla camorra. E si potrebbero citare anche altre criticità.
Come ha dichiarato di recente Valerio Taglione: “Oggi più che mai è decisivo il ruolo delle istituzioni (a partire dai comuni e dalle scuole) insieme al terzo settore e alle imprese per rilanciare un percorso di riscatto e di cambiamento reale del nostro territorio, fondato su una nuova stagione di mobilitazione, di cittadinanza attiva e coesione sociale”. Bisogna ripartire da qui per superare un clima di distacco, di freddezza, di latitanza, per ricostruire una capacità diffusa di fare rete, di creare relazioni di fiducia, anche grazie ad una grande campagna di educazione alla cultura della legalità democratica. Su questo un contributo potrebbe venire da quegli esponenti della politica (come la sen. Rosaria Capacchione) che parla di scenari criminali per il nuovo millennio. A lei e a tanti altri (a partire dal movimento sindacale) chiediamo come Forum Terzo Settore Casertano di organizzare una campagna sui temi della politica sana, civile e della finanza etica.
Pasquale Iorio