di Riccardo D’Antonio
La spending review del governo Monti è finalmente cominciata! Alleluja! Ma cos’è la spending review? Il problema dell’Italia non era lo spread? Ogni giorno se ne inventano una nuova! In effetti, l’idea della spending review (che non è nient’altro che un’analisi di tutte le spese della pubblica amministrazione per cercare di capire dove e come poter eliminare inefficienze e sprechi) non sarebbe malvagia,
anche se i signori tecnici potevano pensarci già prima di inasprire la pressione fiscale, o almeno contestualmente, giusto per dare il buon esempio! Se siete dei fornitori della pubblica amministrazione, che lucrano a mani basse sulle forniture di beni e servizi scadenti a prezzi abilmente gonfiati, comunque non preoccupatevi perché il governo farà ben poco per intaccare il vostro tenore di vita: innanzitutto per attuare questa temutissima spending review, il sagace prof. Monti ha demandato tutte le decisioni ad un’apposita commissione guidata da Enrico Bondi, l’esperto di ristrutturazioni aziendali che ha riorganizzato la Parmalat dopo il disastro di Tanzi, e composta da alti esperti del settore (ovviamente altri “tecnici” della cricca del Professore).
E a questa astutissima mossa è stata abbinata anche la possibilità, da parte dei cittadini, di segnalare, via email, direttamente al governo, gli sprechi della pubblica amministrazione. Stendendo un velo pietoso sull’idea di un governo tecnico di nominare una commissione di tecnici, sembra di capire che il governo Monti stia semplicemente tentando di comprare tempo e cercando di dare un’ulteriore conferma al vecchio adagio della politica italiana che se non sai (o vuoi) risolvere un problema allora è meglio nominare una commissione. Per quanto riguarda invece la segnalazione degli sprechi da parte dei cittadini, purtroppo invece stiamo scadendo in farsa.
I signori tecnici vorrebbero farci credere che semplicemente risparmiando qualche penna, trafugata da un impiegato comunale con la mano lunga, o mettendo alla berlina il politicante di turno che si reca allo stadio con l’auto blu, siamo sulla buona strada per ridurre gli sprechi e riportare sotto controllo la mastodontica spesa pubblica, che ci sta strangolando? Magari queste cose vanno bene per vendere qualche giornaletto scandalistico o per i servizi del Gabibbo. Invece, il problema è molto più profondo e articolato. Si tratta innanzitutto di seminare il seme della coscienza del settore pubblico e dell’interesse della collettività: i funzionari pubblici (o civil servants per utilizzare un altro anglicismo) dovrebbero avere come primo obiettivo quello di tenere in perfetta efficienza una macchina indispensabile per il benessere di tutti e non quello di sbarcare il lunario o, peggio, di utilizzare la propria posizione per arricchirsi.
Ovviamente, anche la remunerazione dei burocrati dovrebbe essere commisurata a questo importantissimo compito, per fornire gli adeguati incentivi. Si dovrebbe, inoltre, cercare di superare la convinzione generalizzata, non solo nei civil servants, che la cosa pubblica e le cose pubbliche non siano di nessuno e che quindi possano essere sfruttate e spremute a piacimento, ma che, anzi, essendo pubbliche, sono di tutti e per questo vanno rispettate e curate più di quelle proprie. L’amministrazione pubblica dovrebbe, poi, essere coordinata meglio invece di perseguire ancora le logiche da campanile, antico retaggio del nostro passato medievale.
Infine, si dovrebbe avere l’onestà intellettuale di riconoscere che i veri sprechi si annidano nell’organizzazione bizantina e nelle procedure obsolete perseguite e attuate in modo ottuso: ma se nel 2012 non è tutto digitalizzato e, anzi c’è ancora bisogno di passare carte e cartacce da un ufficio all’altro con timbri e notifiche e nessuno se ne meraviglia, ma come si fa a non arrossire pronunciando le parole “spending review”? Purtroppo mi sembra che ancora una volta i professori al governo abbiano mancato un’occasione di centrare un grosso risultato con uno sforzo minimo e anzi confermano il giudizio negativo, aggravato dalla loro assoluta alienazione dalla realtà.
Ma c’è proprio bisogno di fare il possibile per confermare un detto odioso e ridicolo come “chi sa fa, chi non sa insegna” (o è al governo)?
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