di Rosa Fortunato*
Come viene gestito il verde urbano in Italia? In modo del tutto inadeguato, se non addirittura lesivo per il suo benessere e, di conseguenza, per la salute e la sicurezza dei cittadini. Ma entriamo nel merito tramite due analisi. La prima ci porta ad affermare che la corretta gestione di alberi, arbusti e prati urbani non si può improvvisare, affidandola al massimo ribasso a ditte esterne, le quali quasi sempre velocizzano gli interventi di potatura e sfalci con strumenti invasivi, provocando le cosiddette “capitozzature” (tagli di tutte le branche principali fino al tronco) e /o “potature mutilanti”, orrende mutilazioni che rendono alberi e arbusti simili ad “attaccapanni” e a “scheletri che chiedono pietà”. Basta guardarsi intorno, dopo questa descrizione, e si individueranno subito le piante sottoposte a tali, brutali e incompetenti trattamenti, che, tra l’altro, sono anche da annoverarsi come danni erariali, in quanto gli alberi cosi trattati perdono il valore associato ai loro benefici ecosistemici, e quindi anche il valore economico associato al loro indebolimento, imbruttimento e addirittura pericolosità per rischio crollo, dovuto a indebolimento da patogeni che entrano nei tessuti attraverso i tagli. Aggiungiamo a questo quadro anche ferite inferte al fusto dai decespugliatori, ai danni da asfalto che, spesso, viene “steso” fino a ricoprire il colletto dei fusti, ai danni alle radici, non tutelate durante lavori sotterranei, fino ai danni che, abusivamente e deliberatamente, molti esercenti e cittadini provocano agli alberi nelle vicinanze dei loro negozi o abitazioni perché ne ostacolerebbero la vista (addirittura alcuni dicono che “tolgono l’aria”…).
La seconda analisi, del tutto misconosciuta dalle amministrazioni (in buona o malafede non si sa, mentre si sa che la legge non ammette ignoranza), riguarda le normative ministeriali vigenti, le quali prevedono una trafila importante, basata su pilastri scientifici ed economici che tutte le amministrazioni dovrebbero porre in essere.
1) Il DM CAM (Criteri Ambientali Minimi per il Verde urbano), pubblicato in G.U. del 4-4-2020, quindi Legge dello stato, reso cogente (ossia obbligatorio) da due sentenze del Consiglio di stato. Tale DM , indica le linee-guida per una corretta CURA (sbagliato dire “manutenzione” , in quanto le piante sono esseri viventi e non oggetti): basta seguirle e soprattutto pretendere che vengano seguite dalle ditte affidatarie o dai giardinieri del comune per avere ottimi risultati… Accenniamo soltanto agli articoli 10 e 11 che VIETANO capitozzature e potature mutilanti, spiegando che tali pratiche non è vero che “rinforzano” le piante, anzi, le costringono ad emettere i cosiddetti “ricacci” (ramuli più deboli e disordinati) in modo rapido per poter di nuovo effettuare la fotosintesi clorofilliana, con grande squilibrio ormonale e dispendio di energia. Inoltre, le ferite sono porte aperte per l’ingresso di tanti patogeni che fanno ammalare le piante, spesso fino alla morte (comunque piante capitozzate e mutilate si indeboliscono e possono crollare, rappresentando un pericolo per i cittadini…Peccato che i “killer” non siano gli alberi, ma chi li riduce in questo stato).
2) Il Regolamento del Verde Urbano, obbligatorio per ogni comune, il quale deve seguire le linee guida dei CAM, ma deve anche prevedere SANZIONI per ditte inadempienti (anche a livello condominiale) e per privati che provocano danni alle piante, in quanto bene comune. Da mettere in evidenza che, se gli amministratori non fanno rispettare i CAM, cittadini e associazioni posso produrre esposto, ossia segnalazione, alla Corte dei Conti per danno erariale: più se ne presentano e meglio è per far emergere il problema.
3) Ogni comune dovrebbe poi dotarsi di: Piano del Verde, Censimento e Bilancio arboreo, da lasciare in ordine alla fine di ogni mandato. Sarebbe il massimo della civiltà e trasparenza se i Comuni si dotassero anche di una Commissione garante del Verde urbano, composta da rappresentanti dell’amministrazione, dell’ufficio tecnico, di professionisti agronomi/ forestali/ biologi indipendenti e di comitati e associazioni ecologiste. Tale Commissione sarebbe deputata a controllare, valutare e, eventualmente, sanzionare ditte e amministratori inadempienti.
Un’ultima considerazione riguarda la triste “moda ” degli abbattimenti: sembra che , improvvisamente, tutti gli alberi italiani si siano messi d’accordo per diventare “pericolosi”, dato che imperversano tagli ingiustificati o al massimo in seguito a discutibili certificazioni di pericolosità basate su VTA, ossia “a occhio” di un qualche agronomo che ne decreta l’abbattimento…Come a dire: un medico che riscontra “a occhio” un colorito anomalo di un paziente, invece di richiedere ulteriori accertamenti, ne decreti …la morte .
Perché sta accadendo tale “fenomeno”? Si dice …segui l’odore dei soldi. Ad esempio i fondi PNRR per riqualificazioni urbane, i quali passano quasi tutti per le motoseghe: avremmo tantissimi esempi da citare sui nostri territori, ma rischiamo di dilungarci troppo, però invitiamo i lettori a guardarsi intorno e a verificare con i propri occhi come stiano scomparendo gli alberi e stiano avanzando il cemento e il pericolosissimo consumo di suolo. Gli amministratori spesso ci rassicurano dicendo “tanto piantiamo altri alberi”, ma è una emerita presa in giro perché, prima di tutto, ci privano di alberi grandi e ben strutturati, nel pieno delle capacità di offrirci i loro benefici ecosistemici, vitali per la nostra esistenza, poi perché per ogni grande albero ce ne vorrebbero dai quaranta a un centinaio di piccoli, fragili aberelli di vivaio. Senza contare che la cosiddetta “riforestazione” si può considerare ormai fallita, dato che il 90% degli alberelli piantati finora sono morti perché abbandonati senza acqua e senza cure, come hanno dimostrato programmi come Report e statistiche realizzate da alcune organizzazioni come ONDA (Organismo Nazionale Difesa Alberi).
Infine, altre stragi di alberi, stavolta forestali, ma anche urbani, si stanno perpetrando in modo quasi incontrollato per incassare gli ingenti sussidi pubblici, europei e regionali, per finanziare la combustione di biomasse legnose, considerate (contro ogni evidenza scientifica) fonti termiche ed energetiche rinnovabili e “pulite”, quindi “green”… Ma, in realtà, è soltanto greenwashing, incentivato tramite prelievi forzati nelle nostre bollette, che mettono gravemente a rischio gli ecosistemi boschivi più evoluti e, quindi, il nostro futuro… molto prossimo.
*Componente del Comitato intercomunale AlbeRibelli e di ONDA (Organismo Nazionale Difesa Alberi)