di Giuseppe Venditto
Una schematica traduzione sul piano localistico dei processi politici nazionali avrebbe il carattere di un’operazione astratta e manterrebbe fuori dalla comprensione la complessità dei rapporti e delle relazioni di cui si nutre la lotta politica sui territori.
Però le strategie nazionali dei partiti e delle coalizioni sono, comunque, lo scenario entro cui, per coerenza, dovrebbe muoversi la dialettica politica locale. Oggi le dinamiche politiche nazionali, al netto delle soluzioni di emergenza che potrebbero essere dettate dal precipitare della crisi economica, non trovano riscontro in Campania e in provincia di Caserta. Qui lo scenario presenta anomalie tali da imporre a chi fa politica un surplus d’inventiva e di intuizione.
La prima anomalia sta nel fatto che il maggiore partito del Centro, l’Udc, a Roma è all’opposizione della coalizione che sorregge Berlusconi mentre in Campania e a Caserta è saldamente alleato con essa. Inoltre nell’ultima consultazione elettorale amministrativa il processo di distacco delle forze del centro dal centrosinistra si è dimostrato ancora vivo, forte e motivato. Come è successo a Sessa Aurunca e nel comune capoluogo. Però va detto che non sempre di questo distacco poco si è avvantaggiato l’Udc.
Spesso queste forze, pur guardando a destra, hanno intrapreso la strada dell’esperienza civica per mantenere la loro autonomia. In primavera importanti città di Terra di Lavoro sono chiamate a rinnovare i loro consigli comunali. In queste città la vittoria andrà a chi è in grado di aggregare più forze attorno ai candidati a sindaco. Sarà un passaggio importante per verificare se lo smottamento verso destra delle forze di centro e delle esperienze civiche continua o si sarà arrestato.
La seconda anomalia si è manifestata in Campania e in provincia di Caserta come approdo civico delle forze che si sono distaccate dal centrosinistra a seguito della devastante crisi del Pd. A Napoli questo distacco ha portato alla vittoria De Magistris, a Caserta ha contribuito alla significativa affermazione elettorale del professore Melone. A Napoli ha contribuito comunque alla vittoria della sinistra. Molti segnali, alimentati dalla crisi dei partiti, fanno intravedere una prospettiva politica lungo la quale è in crescita un’organizzazione della rappresentanza pubblica sempre di più lontana dai partiti che ora compongono gli schieramenti che si contrappongono.
In ogni caso il centrosinistra casertano è obbligato a seguire una strada diversa da quella indicata a Vasto tra Bersani, Di Pietro e Vendola. L’ipotesi di Vasto mette in campo una coalizione che ha la forza del 44% dell’elettorato nazionale. A Caserta quella coalizione sta al di sotto del 30%. Nel Pd casertano in assenza di una discussione pubblica sulle alleanze acquista valore e significato generale quanto viene detto e fatto nelle diverse realtà locali. E su questo piano lo stato dell’arte non è dei migliori per il partito di Bersani. La forza attrattiva del Pd debole sul piano nazionale, in Terra di Lavoro è quasi ridotta a zero. Per due ordini di motivi.
Il primo motivo è dato dal fatto che la coalizione di gruppi che ha vinto, anche se non di molto, il congresso portando Dario Abbate alla segreteria provinciale, ha quasi estromesso dalla direzione effettiva del partito quella parte, quasi il 47%, raccoltasi attorno all’altro candidato a segretario Enrico Tresca. Un partito la cui forza elettorale oggi si aggira attorno al 10% non può permettersi un’operazione ad escludendum di tale portata. Ameno che non sia motivata da profonde ragioni politiche, da chiarire all’opinione pubblica.
Il secondo motivo sta nell’indirizzo quasi esclusivamente organizzativo impresso dal segretario, con il consenso di tutti i suoi sostenitori, all’azione politica del Pd in provincia di Caserta. Un indirizzo che punta a creare le condizioni interne, soprattutto il controllo degli iscritti, per una vittoria nelle eventuali primarie per le candidature al parlamento. La provincia di Caserta, fra i territori più importanti del Mezzogiorno, attraversata da drammatici problemi sociali richiede una dialettica politica più intensa.
Se così stanno le cose c’è bisogno di una scossa. Che può venire dalle altre forze della coalizione o dall’interno dello stesso Pd.