La sezione migranti del tribunale di Palermo, presieduta da Francesco Micela, ha sospeso il giudizio di convalida del trattenimento di due migranti, ordinandone la liberazione. Per la prima volta in Italia i giudici, nel valutare la applicabilità dei “decreti Cutro” in materia di procedura accelerata in frontiera, in un caso proposto dal questore di Agrigento, hanno deciso di chiedere alla Corte di Giustizia dell’Unione europea se il diritto Ue debba essere interpretato per stabilire se un Paese terzo possa essere considerato sicuro. Il quesito verte in particolare sull’accertamento dell’esistenza di “categorie di persone per le quali esso non soddisfa le condizioni sostanziali di tale designazione, enunciate nelle direttive Ue”. I due migranti, uno del Senegal e l’altro del Ghana, finora trattenuti a Porto Empedocle (Agrigento) sono stati rilasciati. “La nozione di paese di origine sicuro è uno strumento che permette di incanalare in modo rapido le domande proposte da richiedenti provenienti da un determinato paese nella procedura accelerata, sulla base della presunzione che il loro paese di origine sia sicuro, ma questo modo di procedere non è giustificato per i paesi che presentino situazioni critiche per il fatto che una parte della popolazione (perché risiede in una parte del territorio o perché appartiene a una determinata categoria di persone) sia ordinariamente esposta a rischi di persecuzione, in quanto altrimenti verrebbe a determinarsi un accresciuto rischio di violazione del diritto di asilo e di non respingimento, entrambi garantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione quali diritti fondamentali”, scrive il giudice del tribunale di Palermo.
“Così come la Corte di Giustizia ha ritenuto non sia possibile designare un paese sicuro se le condizioni di sicurezza non sono rispettate per alcune parti del territorio (indipendentemente dalla circostanza se il richiedente alleghi o meno di provenire dalla parte del territorio non sicura), allo stesso modo non sembra consentito designare un paese sicuro se tale non lo è per alcune categorie (indipendentemente dalla circostanza se il richiedente alleghi o meno di appartenere a una di tali categorie)”, conclude il giudice. Quanto al Senegal, paese di provenienza di uno dei migranti su cui si è sospeso il giudizio, il magistrato spiega che “senza alcun dubbio in Senegal continuano a persistere ancor oggi le forti criticità segnalate, relative a vittime o potenziali vittime di mutazioni genitali femminili, vittime o potenziali vittime di tratta o discriminazione, membri della Comunità Lgbt e albini”.