Flat tax, cosa cambia? Nella Manovra da circa 30 miliardi del governo Meloni (di cui 22 in deficit che andranno al settore energia per il caro bollette) ci sarà sicuramente l’intervento sulla flat tax per chi ha una partita Iva. La soglia per gli autonomi sarà estesa dagli attuali 65mila euro. Sarà di fatto un primo assaggio prima di un intervento più sostanzioso che potrebbe arrivare nei prossimi anni. Perché il caro energia costringe l’esecutivo a una prudenza sul fisco. Il programma fiscale del governo, che vuole confrontarsi con le parti sociali prima di varare le misure definitive, prevede l’estensione da 65 a 100mila euro di reddito l’aliquota del 15% a beneficio degli autonomi. Ma la misura comprime il gettito fiscale, e dunque spunta l’ipotesi di un allargamento della platea limitata, per il momento, ai redditi fino a 80-85mila euro. L’intervento quindi ci sarà sicuramente, nonostante i rischi evidenziati nella Relazione sull’evasione allegata alla Nadef (la soglia «può generare comportamenti anomali», con la possibile tendenza a «sottodichiarare» per poter avere il beneficio). La soglia per autonomi e partite Iva sarà estesa dagli attuali 65mila euro: ma la misura sarà meno ambiziosa del previsto, si puntava ai 100 mila euro, ma l’asticella dovrebbe fermarsi a «85/90 mila», annuncia il sottosegretario all’economia, Federico Freni, che conferma anche come sia allo studio l’ipotesi di ridurre la soglia da cui scatta la riduzione delle detrazioni. L’attuale impianto del prelievo non sarà modificato, per cui la nuova Flat tax, nel 2023, resterebbe al 15% e continuerebbe a essere calcolata con l’attuale meccanismo (applicando al fatturato un coefficiente che dipende dal settore di appartenenza, ottenendo così l’imponibile sul quale poi basare la tassa del 15%) in modo forfettario, escludendo quindi detrazioni e deduzioni fiscali, con l’unica eccezione dei contributi previdenziali. L’asse Palazzo Chigi-Tesoro è al lavoro anche sulla cosiddetta “Flat tax incrementale” che, invece, riguarderebbe tutti i contribuenti. Si tratta di una tassa piatta, dunque con aliquota forfettaria (probabilmente anch’essa al 15%) da applicare alla sola parte del reddito prodotto in più rispetto a quanto prodotto l’anno precedente.
Il premier Giorgia Meloni, in Senato, ha precisato che il periodo di riferimento sarebbe il reddito dei tre anni precedenti. In pratica, sull’incremento di reddito rispetto al triennio precedente, i contribuenti potrebbero applicare un’imposta sostitutiva, mentre sul resto del reddito si continuerebbe ad applicare la tassazione ordinaria, in base alle fasce di reddito e alle aliquote Irpef ordinarie. Così, ad esempio, un contribuente che nel triennio 2020-2022 ha dichiarato 13mila e 15mila euro nel 2023 si vedrebbe riconoscere una tassazione più favorevole. Nel sistema fiscale attuale i 2 mila euro di incremento sarebbero tassati al 23% poiché rientrano nel primo scaglione Irpef: ossia, 460 euro. Con la Flat tax incrementale al 15% l’esborso Irpef scenderebbe a 300 euro, con un beneficio netto di 160 euro sull’imposta vigente. In caso di passaggio da 55mila a 57mila, il vantaggio sarebbe ancora superiore. Lo stesso incremento di 2 mila euro sarebbe tassato, secondo le leggi attuali, al 43% (l’ultimo scaglione Irpef) e si verserebbero 860 euro. Con la Flat tax incrementale, invece, il fisco si accontenterebbe di 300 euro.