La frenata, dopo l’accelerazione. I dubbi, dopo le certezze sbandierate in conferenza stampa. E ora la manovra da scrivere. E da riscrivere per rendere i “sacrifici” più sostenibili. Pensieri e tormenti di Giancarlo Giorgetti. Nelle ultime ore, il ministro dell’Economia va ripetendo che bisogna accelerare. A tutti. Ai tecnici del Dipartimento delle Finanze, chiamati a ricomporre lo schema delle detrazioni fiscali. A quelli del Tesoro, a cui tocca definire il perimetro del tetto agli stipendi dei manager delle società che ricevono contributi pubblici. Questioni tecniche. E politiche, perché l’equilibrio va trovato anche con le indicazioni che nel frattempo arrivano da Palazzo Chigi. Un effetto domino frenetico, al punto che la neo Ragioniera Daria Perrotta sarà chiamata agli straordinari per bollinare la legge di bilancio in tempi record. Un’alternativa alla frenesia non c’è. Perché mercoledì, all’indomani del Consiglio dei ministri che ha approvato la manovra, Giorgetti ci ha messo la faccia. E la data, promettendo che il testo sarebbe stato trasmesso al Parlamento entro il lunedì seguente. Adesso che la scadenza si avvicina, nei corridoi di via XX settembre rimbomba il malumore di chi pensa che l’accelerazione in Cdm sia stato un azzardo. Ma così ha prescritto la premier: fare il prima possibile per arrivare all’appuntamento del giudizio delle agenzie di rating con il titolo della manovra prudente. Così è stato. Solo che adesso gli annunci vanno tradotti in norme. Con la consapevolezza che la maggioranza non sta a guardare: la battaglia della Lega contro l’aumento della tassazione dei bitcoin è lì a dire che il lucchetto della manovra è fragile. La rincorsa, dunque. La revisione delle agevolazioni fiscali ha già assunto un’altra forma. Il nuovo sistema poggerà sulle tre fasce di reddito annunciate dal viceministro dell’Economia, Maurizio Leo: tra 0 e 50 mila euro, tra 50 e 100 mila e sopra questo importo. Ma non saranno più le percentuali rispetto al reddito complessivo, pari rispettivamente all’8%, 6% e 4%, a rappresentare il tetto per le spese detraibili.

Al loro posto arriva un tetto base che aumenterà progressivamente in base al numero dei figli. A parità di figli, chi guadagna di meno avrà più detrazioni rispetto a una famiglia più abbiente: un parametro allineato alla regola generale del nuovo sistema per cui chi guadagna di più potrà portare meno spese in detrazione. Single, coppie con figli grandi e nonni avranno, invece, un tetto più basso. Le stime che circolano al Mef parlano di un beneficio fiscale per 28 milioni di contribuenti, mentre risulterebbe nullo per altri 13,5 milioni che versano l’Irpef. A essere penalizzati sarebbero in tutto 500 mila, con redditi alti e con detrazioni molto consistenti, come spiega un documento dell’Ufficio parlamentare di bilancio: “Il 50% dei contribuenti meno abbienti gode di circa il 15% delle detrazioni totali, mentre al 10% più ricco afferisce il 26%”. L’altra norma da mettere a punto è il tetto agli stipendi dei manager delle società, pubbliche e private, che ricevono contributi dallo Stato. Il ragionamento iniziale aveva preso come riferimento il perimetro Istat delle pubbliche amministrazioni, escludendo solo le Casse di previdenza. Ma il numero dei soggetti coinvolti, oltre 500, ha imposto la retromarcia. Soprattutto perché dentro la lista ci sono soggetti sensibili, dalle Agenzie fiscali agli enti di ricerca, dai consorzi ai parchi. La norma dovrebbe prendere come riferimento il trattamento economico del primo presidente della Corte di Cassazione: a questo compenso sarà applicata una percentuale di riduzione in modo da determinare il nuovo importo massimo per i manager, pari a circa 160 mila euro lordi (80 mila euro netti), il valore dell’indennità del presidente del Consiglio e dei ministri. Il principio non è in discussione. Al punto che nel governo è stato individuato anche “un modello”: l’Aci. Sotto osservazione è finita la vicenda giudiziaria che ha coinvolto il presidente Angelo Sticchi Damiani. Secondo l’accusa nel 2017 avrebbe percepito circa 100 mila euro in più rispetto a quanto dichiarato. In ogni caso il tetto attuale di 240 mila euro è ritenuto eccessivo. La scure è pronta.

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