Che la situazione sia grave lo si intuisce da ciò che Palazzo Chigi lascia trapelare a sera, dopo la telefonata di Giorgia Meloni ad Elly Schlein. “Serve unità e coesione nazionale – è il senso del messaggio della premier alla leader del Pd – Le prossime settimane saranno pesanti. Maggioranza e opposizione devono collaborare nell’interesse del Paese”. È un colloquio quasi obbligato. Poche ore prima, convocando il G7 da presidente di turno, Meloni aveva ascoltato dalla viva voce di Joe Biden la previsione di Washington sulla crisi tra Israele e l’Iran: si rischia un conflitto profondo e gli israeliani sono pronti a reagire colpendo infrastrutture civili di Teheran come aeroporti, industrie, raffinerie. E, soprattutto, non risparmieranno target legati al programma nucleare. Ecco, conversando con Schlein la presidente del Consiglio sollecita una riflessione che è conseguenza di questo scenario: saranno tempi duri, collaborare sarà inevitabile. La risposta della segretaria del Pd non esclude dialogo, ma resta comunque attendista. Schlein propone alla premier di lanciare da presidente del G7 segnali concreti sul fronte diplomatico, assumendo subito iniziative sul Libano. L’ultima volta che le due leader si erano sentite, era stato per ragionare proprio di Medio Oriente. La destra, alla fine, aveva scelto di votare a favore di alcuni paragrafi della mozione dem. Non è detto che non possa riaccadere, se le cose dovessero precipitare. Anche perché Meloni potrebbe riferire presto in Parlamento sulla crisi.
E però, vanno costruite condizioni politiche adeguate: Meloni deve concedere politicamente qualcosa al Pd. Schlein propone di assumere ad esempio un’iniziativa assieme ad Emmanuel Macron per provare ad evitare il conflitto totale in Libano. E chiede di porre ancora di più l’accento sulla necessità di un cessate il fuoco, mostrandosi più dura nei confronti di Israele. Non a caso, solo due giorni fa il dem Peppe Provenzano aveva contestato la linea del ministro degli Esteri Antonio Tajani, bocciando le sue «omissioni» sugli attacchi a Gaza e Beirut, ma anche alcune lentezze sull’evacuazione degli italiani del contingente umanitario impiegato in Libano. Meloni, riferiscono, non esclude passi verso le opposizioni. Spiega però a Schlein che il ritiro dalla missione Unifil non potrà essere unilaterale, a meno che l’unica strada non diventi quella di un intervento autonomo e tempestivo di Roma. Neanche su una possibile mozione chiude a potenziali convergenze. Convinta che la gravità del prossimo probabile teatro del conflitto – l’Iran – spinga inevitabilmente le opposizioni a una linea di unità nazionale.