Il clima gelido nel governo Meloni dopo la strigliata del ministro Giancarlo Giorgetti trapela dalla reazione del collega Francesco Lollobrigida. Il ministro dell’Agricoltura risponde subito al titolare dell’Economia Giorgetti che parla di “sacrifici da fare” e minaccia i componenti dell’esecutivo sui tagli al bilancio. Ministro Lollobrigida, allora, lei cosa risponde a Giorgetti chiedono i cronisti: «Mah, in realtà non ho sentito il suo intervento, cosa ha detto? I tagli? Ma noi all’Agricoltura siamo pronti, ci sono spese da rivedere, certo». Quindi ridurrà il suo budget e farà tagli? «No, non mi faccia dire cose che non ho detto». La risposta a Giorgetti da FdI è già arrivata insomma. In realtà appena battuta dalle agenzie l’uscita del ministro dell’Economia il primo a stopparlo è stato il suo stesso leader di partito, il ministro e vicepremier Matteo Salvini, da Monza: «Sta per cominciare la sessione di bilancio, oggi (ieri, ndr) incontro il ministro Giorgetti per difendere il mio budget». Come dire, altro che tagli. E a sostenere la linea è il capo partito del ministro, mica uno qualunque. Ma in realtà tutti i ministri sono gelidi nei confronti dell’uscita di Giorgetti e dai toni da “maestrino” utilizzati: «Non siamo allievi suoi e non può fare la parte di chi ci bacchetta in questo modo», sibila un ministro contattato da Repubblica. La linea di tutti comunque è quella della cautela senza nessuna imposizione dall’alto: «Io sono contrario ai tagli lineari, un euro speso per un motivo non è uguale a un euro speso per un altro», dice il ministro dello Sport, il meloniano Andrea Abodi. I ministri a capo dei dicasteri più ingombranti anche come spesa fanno spallucce. Gelo da parte del ministro della Difesa Guido Crosetto. Sulla richiesta di Giorgetti di fare tagli «se no interverrò io» risponde secco: «Mai sentita». Mentre dalle parti della Difesa si limitano a far notare che non sono arrivate richieste di tagli dal ministero dell’Economia. Anzi, la Difesa ha appena presentato il suo bilancio nella commissione di merito alla Camera e dalla relazione emerge la richiesta urgente di nuove risorse, con un budget crescente per l’acquisto di armi, passato da 6 a 7 miliardi nell’ultimo anno, e con contratti in essere che vanno onorati e che valgono 22 miliardi di euro.

Il ministro degli Esteri e segretario di Forza Italia Antonio Tajani rassicura Giorgetti proprio sui “compiti” assegnati: «Gli Esteri come tutti i ministeri faranno i loro compiti a casa nel rivedere quanto necessario tagliare, l’importante è non mettere nuove tasse perché la tassazione in Italia è fra le più alte in Europa». «Sì, ma se riduciamo la spesa, ad esempio in sanità, significa che gli italiani pagheranno di più di tasca loro per la salute, e non è come pagare nuove tasse?», incalza la segretaria dem Elly Schlein. Non a caso alcuni ministri, a partire da quello interessato alla sanità, sono preoccupati e mettono le mani avanti: «A noi non sono stati chiesti tagli», dicono dal ministero della Salute guidato da Orazio Schillaci, che in realtà dovrebbe avere due miliardi di euro in più rispetto allo scorso anno. Una cifra considerata insufficiente dalle Regioni, che chiedono almeno 4 miliardi in più per far fronte al costo dell’inflazione e assumere camici bianchi. Il ministro dello Sviluppo economico Adolfo Urso, che ha in mano tutti i capitoli sul sostegno alle imprese e alle filiere che valgono miliardi di euro, para il colpo: «Noi daremo, come sempre, le nostre indicazioni in merito ad eventuali tagli per evitare impatti negativi sulle misure efficaci di sostegno alle imprese — dice — non intaccheremo certo le misure a sostegno delle risorse che sono risultate efficaci». La coperta in molti dicasteri è corta e arrivare a pochi giorni dalla manovra di bilancio con richieste così stringenti e “lineari” sui tagli sta creando non poca irritazione nel governo, anche per l’immagine che sta passando: di un ministro, Giorgetti, che vuole salvare il Paese e gli altri no. Ma a Salvini non piace invece l’immagine opposta e altrettanto possibile: quella del suo ministro cattivo e degli altri buoni. I due ieri si sono visti a Milano. Bocche cucite sul confronto, anche se il clima è stato più che sereno. Salvini avrebbe consigliato al ministro di non usare mai la parola “tasse” e di evitare di assumere lui il ruolo del “cattivo” e lasciare l’arduo compito di imporre tagli ad altri: in primis alla premier Meloni.

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