Casa, dolcissima casa. Giancarlo Giorgetti, in collegamento da Roma, ha da poco finito di assicurare che “persone fisiche e imprese non hanno nulla da temere” dalla legge di bilancio in arrivo, senza però ritornare sul discusso tema dei bonus per le ristrutturazioni e dei loro effetti sui valori catastali, che il suo viceministro Maurizio Leo parte in contropiede con una dichiarazione che somiglia molto a un impegno. “Penso che potremo tornare a una detrazione del 50% sulle ristrutturazioni della prima casa, senza prendere impegni e compatibilmente con le risorse disponibili”, spiega l’esponente di Fratelli d’Italia. E ancora: “Dobbiamo agevolare chi vuole usufruire del cosiddetto bonus edilizio”. Anche se poi mette le mani avanti: “Ma non prometto nulla”. Parole che pesano, quelle del viceministro dell’Economia, pronunciate dal palco dell’appuntamento milanese voluto dal suo partito, se si pensa che al momento è previsto che dal 2025 le detrazioni per le ristrutturazioni scenderanno dall’attuale 50% al 36%, per poi ridursi al 30% nel 2028. E soprattutto parole che suonano come una netta inversione di marcia, se messe a confronto non solo con quelle di Giorgetti nei giorni scorsi sulle rendite catastali aumentate per chi ha usufruito del grillinissimo Superbonus al 110%, ma anche con il fresco pollice verso di Giorgia Meloni: “È finita la stagione dei bonus”. Adesso, invece, mentre le dichiarazioni di Leo danno la stura agli insaziabili appetiti di Giuseppe Conte (“il 50%, credo che sia poco. Dobbiamo migliorare”), ossia il principale indiziato per il maxibuco da 170 miliardi di euro in tre anni lasciato dall’applicazione creativa che l’Italia intera ha fatto del Superbonus al 110%, il segnale che arriva da FdI è che su quel valore concretissimo e simbolico che è la casa non ci sarà nessun accanimento. Non è difficile pensare che il cambiamento di rotta venga sia della necessità di dare un segnale distensivo agli elettori-contribuenti, sia da un discreto pressing dei costruttori, che già a inizio prevedevano fatturati in calo del 7,4% proprio per l’addio al Superbonus.

Si dà ai padroni di case, ma non si potrà dare di più di quanto già elargito, almeno in termini di tempo, alle partite Iva che verranno allo scoperto con il fisco, spiega ancora Leo. I commercialisti chiedevano infatti una proroga oltre il 31 ottobre per aderire al cosiddetto concordato preventivo. “Fosse per noi vorremmo dare una proroga all’infinito”, accarezza la platea, ma come sempre “è l’Europa che ce lo chiede”, e soprattutto lo esige la necessità di capire subito su quante risorse da questa voce si potrà contare nella legge di Bilancio. Toni morbidi e messaggi concilianti nella kermesse milanese organizzata in tutta fretta dal presidente della Commissione Finanze della Camera Marco Osnato perché FdI possa intrecciare contatti e mandare messaggi di pace alla comunità economica e finanziaria. Così, sul palco, oltre a una sfilata di notabili di partito, da Rampelli a Donzelli, da Foti a Fidanza, ci sono i capi economisti delle principali banche che discutono di come la finanza possa spingere le imprese, i rappresentanti delle categorie produttive e delle associazioni di imprenditori, e una guest star come Claudio Descalzi, l’ad dell’Eni che da un lato è il pilastro sui cui Meloni appoggia il suo ‘piano Mattei’ e dall’altro un’appetibile preda di un governo a caccia di extraprofitti da extratassare. Ma è un’ipotesi ancora da definire, così come quella di un duro prelievo supplementare sulle banche. Più tranquilli i banchieri, sollevate le aziende energetiche, speranzosi i proprietari di prime case, non resta che da trovare chi dovrà fare i “sacrifici” evocati da Giorgetti.

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