Per lui parla il suo curriculum. Non solo quello cartaceo. Soprattutto quello scritto sul campo di battaglia. Sempre in prima linea contro le mafie. Sempre efficace. Sempre lungimirante. Federico Cafiero De Raho è il maggior esperto italiano, tra i primi al mondo, di contrasto alla criminalità organizzata. Grazie a lui e al suo pool di pm, quando coordinava la Dda di Napoli, è stato sgominato il clan dei Casalesi. Una cosca che sembrava imbattibile. Più pericolosa e potente anche di Cosa Nostra. Con il lavoro certosino di un cesellatore impeccabile Cafiero De Raho ha prima delimitato con precisione il quadrilatero della camorra (Casal di Principe, Villa Literno, Casapesenna e San Cipriano d’Aversa), poi lo ha passato ai raggi x, infine ha decapitato la cosca capeggiata da Francesco Schiavone “Sandokan”, Michele Zagaria “Capastorta”, Francesco Bidognetti “Cicciotto ‘e mezzanotte” e Antonio Iovine “’o Ninno”. Un’impresa impossibile se si considera lo strapotere e il controllo capillare del territorio che i Casalesi erano riusciti a costruire in Campania, con ramificazioni in particolare nel Lazio e in Emilia Romagna. Ha fatto catturare tutti i vertici di una piramide gigantesca che poteva contare su un esercito con migliaia di affiliati. Anni prima ha rappresentato la pubblica nel celeberrimo Processo Spartacus facendo condannare centinaia di camorristi. Dopo aver guidato la Dda partenopea, per non farsi mancare nulla, è stato procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, terra di ‘ndrangheta e ‘ndrine. Ha brillato anche lì. Al punto da essere nominato all’unanimità dal plenum del Consiglio superiore della magistratura Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Mai incarico fu più meritato. Dalla postazione romana ha diretto con il consueto e proficuo impegno le Dda italiane. E i risultati si sono subito visti. Oggi Cafiero De Raho è deputato dei 5 Stelle. Anche alla Camera si è immediatamente distinto con interventi puntuali, proposte serie e controproposte motivate talmente bene da inchiodare gli avversari politici. L’esponente di spicco del partito dell’ex premier Giuseppe Conte è intervenuto sul tema delle intercettazioni all’indomani dell’arresto del super latitante Matteo Messina Denaro, capo della Cupola siciliana dopo l’uscita di scena di Totò Riina e Bernardo Provenzano. Come al solito l’onorevole Cafiero De Raho ha fatto delle valutazioni di buonsenso, frutto della sua esperienza sul campo. “L’unico strumento che si utilizza per la lotta alle mafie – ha ribadito – sono intercettazioni e collaboratori di giustizia. Quando si indebolisce l’uno e l’altro è evidente che si indebolisce tutta la lotta. Le intercettazioni il più delle volte non nascono per il contrasto alle mafie. Alle mafie si arriva dopo. Perché le intercettazioni partono dalla corruzione e da altri reati e sviluppandosi su questo binario poi arrivano a tutto quello che c’è dietro”. Che dire? Il deputato pentastellato ha ragione su tutta la linea. Altrettanto irrefutabili le motivazioni alla base del suo secco “no” alla separazione delle carriere tra giudici e pm: “Si corre il serio rischio che la pubblica accusa sia assoggettata al potere politico, una picconata al sistema democratico”. Già l’abbiamo scritto una volta, ma non ci stancheremo mai di ripeterlo: se il Guardasigilli Carlo Nordio ascoltasse meno i componenti della maggioranza di centrodestra e prendesse in considerazioni le argomentazioni e le proposte di Federico Cafiero De Raho si potrebbe parlare con serietà e competenza di un’eventuale riforma della Giustizia. In caso contrario il Governo Meloni imboccherà una strada sdrucciolevole. Che produrrà danni, come sottolinea in ogni occasione l’ex procuratore dell’antimafia, soprattutto a discapito dei cittadini. L’auspicio è che le opposizioni siano in grado di limitare i danni con una battaglia ferma e decisa. Federico Cafiero De Raho sarà anche in quel caso in prima linea.
Mario De Michele
LA VIDEO INTERVISTA A FEDERICO CAFIERO DE RAHO