Piano piano la verità su quanto fatto e sulla genuinità del modello Caivano sta uscendo fuori. Poco si è fatto e tanto c’è ancora da fare. Ma chi lo deve fare? Questo è il dilemma. Partendo dal presupposto che attualmente i cantieri del PNRR e quelli dei fondi FSC programmati dal Commissario Ciciliano sono fermi, non è difficile pensare che forse queste patate bollenti dovranno essere gestite dalla prossima Amministrazione che verrà.
Ma a Caivano invece, oltre la normale gestione commissariale, chi dovrebbe cominciare a pensare al futuro della propria città gioca ancora a fare la guerra tra guelfi e ghibellini. Chi fino a ieri si è occupato della gestione della cosa pubblica a Caivano, non ha capito che il suo peggior nemico non è l’avversario politico storico ma il “fumus” che potrebbe configurare. La Prefettura, gli organi inquirenti e chi ha dei riflettori accesi sulla gestione della “res publica” grossi quanto una casa non fanno distinzioni tra maggioranza e opposizione, tra chi dice di aver denunciato e chi, oggi manco raggiunto da una cartolina di saluti della magistratura, cerca di difendersi dal fango, dalle strumentalizzazioni e dalle comode generalizzazioni.
Parliamoci chiaro. A Caivano, tutta la classe dirigente politica degli ultimi 30 anni ha fallito. Se a Caivano oggi è bastato un prete a far saltare dalla sedia la premier Meloni è perché di politica non c’era nulla e men che meno allo stato attuale. Più che politici, oggi, tra chi finora ha amministrato la città e tenta di uscire fuori con la testa per scoprire se arrivano ancora linciaggi dai comuni cittadini è da considerarsi un dilettante allo sbaraglio se non ha ancora capito che non basta gridare al mondo intero il proprio senso civico o la propria dedizione alla legalità se poi presenta delle parentele scomode. Al di là delle accuse che possono essere mosse nei confronti del “tre scimmiette” Enzo Falco e delle parentele scomode del sempre giovane – anche a 37 anni – che avanza Antonio Angelino – già reduce da due consiliature, entrambe sciolte per infiltrazioni camorristiche – oggi abbiamo da registrare le esternazioni, fatte ieri, fresche fresche dell’ex consigliera Giovanna Palmiero.
Prima di parlare delle parentele scomode dell’ex consigliera facciamo un breve excursus dell’attuale giustiziera in salsa giallo verde. Giovanna Palmiero fu candidata nelle fila di Italia Viva, lo stesso partito finito sotto la scure della magistratura perché in corso d’opera inglobò anche i due imputati Peluso e Alibrico. Le richieste della Palmiero, fatte in maggioranza, sono note a tutti e anche alla cronaca locale. Ella rivendicava da sempre tre cose: la riapertura del campo sportivo E. Faraone con relativo affidamento a terzi per la gestione, la mensa scolastica e un assessore di sua espressione. Con l’assessorato ci riuscì solo quando si accorse che i maggiori ostacoli venivano dall’interno del suo partito di appartenenza e una volta passata in Noi Campani riuscì ad ottenere l’espressione nell’esecutivo nella figura di Giancarla Salvato prima e di Lorenzo Sivo poi. Solo dopo l’ennesimo rimpasto di giunta di Enzo Falco, quando si decise di tagliare l’assessore in più a Noi Campani e la Palmiero ne rimase senza, la stessa decise di passare all’opposizione nel gruppo misto, poi corteggiata da Fratelli d’Italia decise di aderire al partito della Meloni. Praticamente, come si dice in gergo giornalistico, ha deciso di passare all’opposizione perché scesa da cavallo dato che l’amministrazione Falco decise di mortificarla oltre modo e chissà perché. E certamente non perché aveva annusato chissà quale commistione.
Evidentemente, delle altre due richieste, l’ex consigliera forse è riuscita a mettere a segno solo quella della mensa scolastica poiché tante sono le coincidenze che la legano alla gestione di questo servizio.
Con determina n. 1724 del 28.11.2022 è stata indetta procedura aperta per l’affidamento del servizio di refezione scolastica nella scuola dell’infanzia, scuola primaria e scuola secondaria di I grado per un importo complessivo pari € 1.422.960,00 oltre IVA. Da questa indizione di gara, varie anomalie sono state registrate a partire da quella segnalata dall’ex segretario Carmine Testa che con una missiva indirizzata a Procura, carabinieri, Guardia di Finanza e Prefettura metteva in guardia i destinatari della lettera sul fatto che a questa gara fosse pervenuta una sola offerta, mentre le richieste di sopralluogo ne erano state quattro. Cosa avrebbe fatto desistere gli altri dal partecipare? Non si sa.
Ma andiamo a vedere chi è che si fece avanti e di conseguenza ha vinto l’appalto di circa un milione e mezzo. La ditta è la Sirio srl. Il sopralluogo per conto della ditta fu fatto nel febbraio del 2023 e firmato da un suo dipendente, tale Giuseppe Orefice, guarda caso consigliere di Poggiomarino, altro comune finito sotto la scure della magistratura, e amico stretto di Giovanna Palmiero e il suo coniuge. Ma chi è Giuseppe Orefice e chi è il marito di Giovanna Palmiero? Giuseppe Orefice, totalmente estraneo ai fatti che hanno visto coinvolti il sindaco e vicesindaco di Poggiomarino, viene citato nelle documentazioni prodotte dalla Procura come cugino del pregiudicato Giovanni Orefice, appartenente al clan di Rosario Giugliano. Il marito di Giovanna Palmiero è tale Luigi Muto, nipote del boss, attualmente in cella, Eugenio Padulo che durante un colloquio in carcere mentre coi cugini – uno di questi anch’egli finito dietro le sbarre per spaccio di sostanze stupefacenti – andò a trovare lo zio, il marito della Palmiero informava lo stesso – storico gestore abusivo del campo E. Faraone, detentore delle armi trovate all’interno della struttura sportiva nel 2003 all’indomani dell’omicidio di Pasquale Castaldo – sugli aggiornamenti della lotta per il controllo dello stadio comunale che all’epoca dei fatti era in essere tra il clan Padulo e il clan Gaglione. In queste intercettazioni datate 2012, alla domanda che lo zio fa al nipote se fosse disposto a intraprendere lo stesso suo stile di vita, si legge che il nipote – Luigi Muto ndr – dà una risposta affermativa. Quindi, stabiliti meglio rapporti di parentele, amicizie e affinità, non si può non illustrare quante coincidenze ci sono tra le richieste fatte dalla ex consigliera Giovanna Palmiero ai tempi di quando era in maggioranza e gli interessi personali che parenti e amici coltivano.
Per non parlare della posizione “scomoda”, così descritta nel nostro precedente articolo, di Antonio Angelino, che alcune parentele potranno, ai fini di una eventuale configurazione di “fumus”, far registrare in vista di un ipotetico scioglimento per infiltrazioni camorristiche. Il dato politico che emerge con chiarezza è a dir poco allarmante. Urge, quindi, che l’ex classe dirigente politica del territorio si guardi seriamente allo specchio e soprattutto dia un’occhiata in casa propria. Caivano non può permettersi un terzo scioglimento per infiltrazioni camorristiche. Sarebbe un disastro per i cittadini.
Michele Apicella