AVERSA – Passi l’idea di voler intitolare la storia ai regnanti della dinastia dei Borbone, passi l’idea di fare lo stesso con Carmine Crocco, tra i principali esponenti del brigantaggio meridionale, ma ad Aversa si va oltre e si riscrive la storia. Ad inizio del mese di marzo, una nota stampa del comune normanno ha annunciato al mondo l’iniziativa del consigliere socialista Raffaele Marino.
Ecco uno stralcio: “Considerato il rilievo storico che la dinastia regnante borbonica ha avuto, nel periodo che va dagli inizi del XVIII secolo fino ad oltre la metà del XIX secolo, nella storia della Nostra Città e di tutto ciò che è stato il ‘Regno delle due Sicilie’ e il successivo avvento del brigantaggio, ho chiesto all’Amministrazione comunale di intestare tutte le nuove strade, piazze e parchi a personaggi storici discendenti dalla suddetta dinastia, quali Carlo III di Borbone, Ferdinando IV di Borbone, Francesco II di Borbone, Ferdinando II di Borbone, Gioacchino Murat, il generale Caracciolo ed altri”. E continua il consigliere Marino: “Ho chiesto che almeno una strada sia intitolata al generale dei briganti Carmine Crocco, il quale difese (secondo recenti fonti storiche) quelli che erano gli interessi dell’Antico Regno delle due Sicilie dalle mire usurpatrici dei Savoia che intendevano prosciugare il patrimonio artistico, culturale ed economico del nostro Sud, sacrificando la vita per il suo nobile credo”.
Povero Gioacchino Murat, re di Napoli dal 1808 al 3 maggio 1815, si starà rivoltando nella tomba. Lui, messo sul trono partenopeo da Napoleone,che contro i Borbone ha combattuto per cacciarli anche dalla Sicilia, inserito nell’elenco dei discendenti della dinastia borbonica. Murat che fu condannato a morte proprio da Ferdinando IV di Borbone. Naturalmente anche il generale Caracciolo non è ascrivibile alla dinastia dei Borbone.
Ma oltre questo clamoroso errore storico si potrebbe entrare nel merito e contestare in toto, o quasi la proposta.
Ferdinando IV, infatti, potrebbe esser ricordato per la dura repressione condotta dopo la Restaurazione, grazie all’armata inglese, che spazzò via la straordinaria esperienza della Repubblica Partenopea del 1799. Tra i suoi meriti anche la fuga da Napoli, il 21 dicembre del 1798, quando le armate francesi erano alle porte della capitale del Regno, e la conseguente nomina di un Vicario (il principe Pignatelli). Ma tornato a Napoli, Ferdinando IV, incalzato dai carbonari guidati da Gugliemo Pepe, si distinse anche per la concessione della Concessione sul modello di quella spagnola (Cadice nel 1812) salvo poi ritirarla contando sull’appoggio della Santa Alleanza e dell’Austria. Qualche dubbio, inoltre, lo abbiamo anche su Ferdinando II quale non lesinò atti repressivi a quei napoletani che cercavano di legare il movimento costituzionale alla lotta per l’unità d’Italia.
In conclusione e senza tediare ulteriormente il lettore conn cenni storici se proprio si vogliono ricordare quegli anni intitolando strade lo si potrebbe fare dando lustro a quei tanti patrioti napoletani che hanno combattuto e sono morti per portare anche nel mezzogiorno d’Italia le idee della rivoluzione francese.
ag