Vincitori e vinti. Risultati scontati o inattesi. Promossi e retrocessi. Come sempre le elezioni, in questo caso le regionali in Campania, assomigliano alle partite di calcio. Si conquista la vittoria all’ultimo respiro oppure si perde sul filo di lana, in zona Cesarini. E non sempre alza la coppa il più forte. Anzi, in virtù di una legge che assegna i seggi in modo incomprensibile a questo o quel partito, qualche volta a vincere è proprio il più scarso. Mentre chi segna una caterva di gol perde e resta a mani vuote. E’ il caso della provincia di Caserta, dove con meno di 2700 voti va in Paradiso Giovanni Zannini. Invece finisce in offside Lucia Esposito (terza nel Pd) nonostante abbia incassato più di 14mila preferenze. E’ una dei candidati del suo partito più votati in assoluto in Campania. La fortuna di Zannini è doppia: dopo essere uscito dalla porta dalla lista Campania Libera (in cui non sarebbe mai stato eletto con soli 2500 voti) è rientrato dalla finestra scendendo in campo con Centro democratico. Uno dei due partitini, insieme a Campania in Rete, che ha portato a casa un consigliere regionale pur avendo raccolto in totale 12.485 suffragi. Conti alla mano, la Esposito da sola ha preso più voti di tutta la lista di Tabacci. Uno schiaffo alla democrazia. Ma dura lex, sed lex. Nel fronte dem il primo eletto è Gennaro Oliviero. Appena approdato nelle fila Pd ha battuto tutti. Lui è fatto così. In campagna elettorale diventa uno squalo. Non ce n’è per nessuno. Quando sente odore di sangue (voti) azzanna e non perdona. Del resto, è molto radicato sul territorio casertano. Negli anni trascorsi in consiglio regionale si è rimboccato le maniche. E’ uno dei pochi che non ha scaldato la poltrona. Ha seminato molto. E, giustamente, ha raccolto alle elezioni. In gol è andato anche Stefano Graziano. Il presidente campano dei democrat ha ottenuto un risultato che ha lasciato di stucco molti suoi detrattori. “Non ha neanche il suo voto”, dicevano i suoi amici-nemici di partito. E invece Graziano di preferenze ne ha preso quasi 15mila. Un vero e proprio boom che si spiega con il “lavoro di squadra” (sono parole sue) e con la sua capacità di pescare consensi anche oltre il recinto dem. Dal canto suo Dario Abbate ha condotto una campagna elettorale nel segno dell’identità di sinistra (scelta politicamente intelligente) e ha confermato il suo solito e consistente bagaglio di voti (oltre 9000). Bene anche la giovane Giusy Di Biasio che, alla sua prima esperienza elettorale, si è piazzata al quinto posto. E’ andata male invece a Franco Liguori. Il candidato caputiano, che in extremis ha preso il testimone di Dionigi Magliulo, depennato dalla lista dem, non ha raggiunto neanche quota 5mila. Un risultato negativo sicuramente dovuto anche all’improvvisa chiamata alle armi. Ma che sul piano politico segna la netta sconfitta dell’eurodeputato Nicola Caputo. Che deve fare i conti peraltro con lo strappo di Dionigi Magliulo. Il suo disimpegno (volutamente palese) ha del clamoroso. A Villa di Briano, dove Magliulo è sindaco, Liguori ne esce a pezzi con 17 preferenze. E il Pd registra il peggiore dato provinciale (7%). La prova di (non)forza del primo cittadino segna una frattura insanabile tra i caputiani che perdono altri pezzi. E’ in uscita anche Francesco Piccirillo, già capogruppo Pd ad Orta di Atella e legatissimo a Magliulo. Infine da segnalare il risultato onorevole di Maddalena Di Muccio, che tiene bene nel suo territorio, e quello inaspettatamente deludente di Franco De Michele (penultimo), appoggiato dalla senatrice Rosaria Capacchione. Un flop frutto anche del poco radicamento territoriale dell’area Rifare l’Italia. Vincitori e vinti. Promossi e retrocessi. Chiamale se vuoi elezioni.

Mario De Michele

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