CASERTA – “Il territorio casertano per decenni è stato oggetto di attività estrattiva, in virtù di un quadro normativo che ha sempre disciplinato tale attività in maniera incerta, carente – tra l’altro – della contestuale ricomposizione ambientale. In Provincia di Caserta, vi sono 442 cave che interessano i tre quarti del territorio: 75 comuni su 104, scelleratamente deturpati.
Un dato che ha regalato alla nostra Provincia il primato delle attività estrattive. Siamo coloro che contribuiscono ad 1/3 dell’intero fabbisogno regionale, con la presenza di oltre il 40% di tutte le cave esistenti in Campania. Se questi dati non bastassero, bisogna tener conto che delle 691 cave sul territorio campano, abbandonate e prive di vincoli amministrativi, o scevre da obblighi per gli ex gestori, quasi 300 – in pratica poco meno della metà – si trovano nella provincia di Caserta e di queste, 176 sono situate in quelle che il PRAE individua come “Aree di Crisi” e 69 in zone critiche dal punto di vista ambientale. Si è contribuito a creare un paesaggio lunare, senza che fosse effettuato alcun controllo, visibile ad occhio nudo anche da lunga distanza. Una caratterizzazione paesaggistica, di cui – sono certo – avremmo tutti fatto a meno. Ciò di cui parlo, è accaduto senza tenere in alcuna considerazione la decisa opposizione che la società civile ha sempre mostrato e manifestato. Terra di Lavoro, che si può pregiare di numerose eccellenze agroalimentari, è divenuta una landa desolata asservita alle esigenze edilizie di Napoli. Ancora più desolanti i dati forniti dall’Università “FEDERICO II”: in un recente lavoro di ricerca, ha dimostrato che soltanto 56 cave (neanche il 5%) hanno giovato di una seria e compiuta opera di ripristino. In particolar modo, il versante est dei colli Tifatini, compreso nel territorio casertano, riscontra un’alta criticità dovuta all’incontrollata attività estrattiva (spesso abusiva), protratta negli anni. In questa porzione del territorio casertano, è venuta a mancare la sostenibilità ambientale, a causa dalla elevata concentrazione di cave attive, di siti estrattivi di notevole dimensione in ambito ristretto, della contiguità e prossimità delle cave ai centri abitati ed alle zone vincolate, dell’impatto percettivo e del degrado paesaggistico visibile anche da lunga distanza, del paesaggio fortemente destrutturato e degradato, nonostante compresenza di elementi paesaggistici di particolare pregio. A conclusione di questa triste storia che, per la verità, non è un romanzo, ma l’amara realtà, i recenti commi 146 e 147 della finanziaria appena approvata in Regione. Un vero e proprio rebus legislativo, che nasconde una sorpresa davvero poco gradita alle nostre coscienze.