Botta e risposta senza fine. Anche stucchevole, a dire il vero. Dopo la diffida degli esponenti di maggioranza a Eduardo Indaco, affinché inserisca all’ordine del giorno dell’assise di domani (19 marzo) la revoca della delibera di nomina del presidente del consiglio, non si è fatta attendere la pronta replica dello stesso “capo” del civico consesso. Indaco ha preso carte e penna e ha respinto nuovamente la richiesta dei consiglieri Gennaro Della Porta, Alfonso Di Giorgio, Rosa Minichino, Francesco Ragozzino, Antonio Russo, Massimo Russo, Andrea Villano e Arturo Vislino (manca la firma di Raffaele Elveri, fuori regione per lavoro). “La legge – recita un passo della risposta di Indaco – consente al presidente del consiglio di non inserire il punto all’odg quando riguarda un oggetto illecito, impossibile o per legge manifestatamente estraneo alle competenze del consiglio. Nel caso di specie – prosegue Indaco – atteso che non è prevista dallo statuto comunale la revoca del presidente del consiglio ma solo la sfiducia (mozione di sfiducia), ritengo di non essere tenuto a inserire il punto all’odg richiesto dai consiglieri comunali”. Sia il presidente dell’assise che gli esponenti della maggioranza fanno riferimento all’articolo 39 del Testo unico degli enti locali che prevede l’inserimento all’odg del civico consesso di un punto quando ne facciano richiesta (come in questo caso) almeno un quinto dei consiglieri. Ma secondo Indaco, che lo ha argomentato in diverse note inviate anche al sindaco Giuseppe Mozzillo e al prefetto di Caserta, non posso essere inseriti punti in violazione o non previsti dallo statuto comunale. Nella giornata di oggi c’è stato un altro colpo di scena. Entro stamattina sarebbe dovuta pervenire, per legge, sulla scrivania del segretario generale Carlo Clemente la proposta di delibera per liquidare Indaco, cioè quella relativa alla revoca della nomina a presidente del civico consesso. Ma, fatto strano, i consiglieri di maggioranza, che pure avevano annunciato nella loro richiesta “l’invio delle proposte nei termini di legge”, non hanno presentato un bel niente, come attestato dallo stesso segretario. Il mancato invio della proposta di delibera “nei termini di legge” di fatto inficia e fa decadere la richiesta di integrazione dell’ordine del giorno del consiglio. E di conseguenza inficia a monte l’inserimento del punto riguardante la revoca, a prescindere dalla battaglia tra Indaco e la maggioranza sulla legittimità della richiesta.
Come mai i consiglieri non hanno presentato la proposta di delibera? È stata una svista? Crediamo proprio di no. È invece probabile che Mozzillo e company vogliano spostare il fronte di guerra e mescolare le carte. Forse si saranno resi conti dell’impossibilità di procedere alla revoca. E quindi adesso guardano già alla prossima mossa: la mozione di sfiducia. Se per la revoca serve la maggioranza dei voti (nove), per sfiduciare il presidente del consiglio ce ne vogliono almeno i due terzi dei componenti dell’assembla (undici). Qui casca l’asino. La maggioranza non ha i numeri. Arriva al massimo a 10 voti. Ne serve almeno un altro. Ed ecco la nuova strategia. Con la diffida a Indaco, inviata anche alla Prefettura, il team di Mozzillo ha alzato il tiro. Ha anche “minacciato” di denunciarlo per omissioni in atti d’ufficio in caso di mancato inserimento della revoca nell’odg, alimentando ulteriori dubbi sul corretto operato del presidente dell’assemblea e preparandosi il terreno per la presentazione della sfiducia per “inadempienza”. Quindi il vero nuovo obiettivo della maggioranza è fare “campagna acquisti” tra i banchi dell’opposizione, ovvero dare la possibilità a qualche consigliere (uno in particolare) di votare a favore della sfiducia a Indaco con la scusa del presunto atteggiamento illegittimo del presidente del consiglio. Insomma, il sindaco e i suoi “boys” vorrebbero buttarla in caciara per fare la “pastetta” con qualche esponente di minoranza (ripetiamo, uno in particolare). Ma se un consigliere d’opposizione votasse la sfiducia, sarebbe, di converso, come se un parlamentare di minoranza votasse la fiducia al governo Renzi. Di fatto dovrebbe passare in maggioranza. E se c’è qualcuno disposto a “vendersi” abbia almeno le palle di dirlo alla luce del sole e di assumersene la responsabilità nei confronti dei suoi elettori. Non ricorra ai soliti giochetti sottobanco in perfetto stile Prima Repubblica.
Mario De Michele