Nel Pd la musica non cambia. E di questo passo l’unico spartito da suonare sarà quello del “De profundis”. Dalla fine dello scorso dicembre, con l’indizione delle parlamentarie e le dimissioni di Dario Abbate da segretario provinciale, i Democratici sono finiti in un vicolo cieco. E’ scoppiata una violenta guerra tra bande che rischia di lasciare sul terreno solo morti e feriti. E dopo aver contato le “perdite”, da una parte e dall’altra, forse ci si renderà conto che non ci saranno né vincitori né vinti. Ma un unico sconfitto: il Partito democratico.
È orami sotto gli occhi di tutti, tranne che dei dirigenti provinciali, che è seriamente a rischio la vita del Pd. In gioco c’è la sopravvivenza di un partito che si è avvitato su se stesso, attorno a personalismi e tatticismi. E mentre il Pd muore, i capicorrente continuano ad affilare le armi per la resa dei conti finale. Eppure, come già detto, il finale è scontato: la morte politica del Pd. Gli unici ad aver realmente compreso che la posta in palio è alta sono i Giovani democratici. Da un mese e mezzo hanno suonato il campanello d’allarme, chiedendo uno scatto di reni, un’inversione di marcia.
E all’indomani della direzione provinciale Pasquale Stellato, leader dei Gd, ribadisce che “così non va, bisogna cambiare rotta”. E aggiunge: “Anche un bambino capirebbe che se andiamo avanti così il partito non ha futuro. Noi Giovani democratici ci stiamo battendo da tempo per ritrovare la via dell’unità, che passa inevitabilmente attraverso la condivisione ampia di un progetto condiviso da tutti. Finora però il nostro appello – osserva con rammarico Stellato – è caduto nel vuoto perché sono prevalsi, da ogni parte, personalismi e tatticismi che stanno distruggendo il partito. E’ evidente a tutti che il segretario facente funzione è una figura illegittima e non ha l’autorevolezza per favorire un processo unitario. Fingere che tutto va per il verso giusto quando c’è di fatto un partito spaccato a metà significa non voler uscire dal guado in cui il Pd è finito già da molto tempo”.
Insomma, davanti alla necessità di ricercare la coesione interna il gruppo dirigente provinciale ha eretto un muro insormontabile. Uno stallo che secondo Stellato implica scelte rapide e risolute. “Sul piano locale abbiamo dimostrato di non essere in grado di superare questa crisi profonda, per cui c’è bisogno dell’intervento dei vertici nazionali. Se a Caserta non siamo all’altezza di creare un gruppo dirigente coeso, se non c’è lungimiranza politica, allora spetta a Roma indicare una via d’uscita, altrimenti affogheremo nel mare di uno scontro perenne. E’ assurdo pensare che la soluzione ai mali del Pd possa passare attraverso la direzione, l’assemblea o il congresso, in una fase in cui il partito è così spaccato. L’ennesima resa dei conti – osserva Stellato – non farebbe altro che determinare un’altra frattura insanabile tra le varie componenti. Il risultato sarebbe disastroso sia al nostro interno sia nei confronti dei cittadini, che continueranno a guardarci con diffidenza, in quanto invece di avanzare proposte credibili per affrontare i problemi del territorio saremmo ancora una volta presi a risolvere beghe incomprensibili. Agli occhi della gente sembriamo marziani”.
Il leader dei Giovani democratici spera che il gruppo dirigente possa rinsavire superando quella che definisce una “masochistica logica ad excludendum”. “Noi non parteggiamo con nessuno e non vogliamo essere inglobati in questa o quella corrente. Chiediamo una cosa di buonsenso: affidare il partito a un ampio gruppo dirigente, in grado di rappresentare tutte le sensibilità del partito. E’ impensabile in una fase così delicata non coinvolgere parlamentari, candidati alle politiche, i principali rappresentanti istituzionali come il consigliere regionale e il capogruppo alla Provincia, oltre che i sindaci dei Comuni più grandi. Altre fughe in avanti e inutili forzature, com’è avvenuto nella direzione di ieri, non sono la soluzione del male, ma servono solo ad aggravare una situazione già molto difficile. E’ da irresponsabili – tuona Stellato – riaprire il tesseramento e fissare l’assemblea per la nomina del nuovo segretario, senza aver prima fissato regole trasparenti e senza avviare un percorso politico condiviso. Non bisogna possedere doti divinatorie per comprendere che andare al congresso in queste condizioni metterebbe a repentaglio la vita del Pd casertano. Sarebbe un gioco al massacro”.
Ma se il braccio di ferro dovesse proseguire, come tutto fa presagire, come si potrebbe uscire dall’impasse? “Se ancora una volta il nostro appello alla responsabilità non venisse raccolto – risponde senza esitare Stellato – allora il commissariamento sarebbe inevitabile, quanto meno sarebbe il male minore. Sia chiaro, i Giovani democratici sono contrari all’ennesima fase commissariale, perché sarebbe un altro fallimento politico che ci metterebbe in ginocchio, anche per questo auspichiamo che Rosaria Capacchione scenda in campo e assuma un ruolo forte. Lei ha l’autorevolezza e la credibilità per condurci fuori dalle sabbie mobili di una crisi che potrebbe diventare irreversibile”.
Mario De Michele