Tinteggiare di schematismo le elezioni comunali sarebbe per il centrosinistra un errore fatale. Soprattutto in una città come Aversa a vocazione moderata, per non dire democristiana, dove il centro è centrale per la vittoria alle amministrative. Perciò i partiti, in primis il Pd, per favorire alleanze inclusive e competitive dovrebbero cestinare la geometria euclidea e applicare quella topologica. La logica schematica delle linee rette, dove tutto è definito alla perfezione, deve cedere il passo a un approccio più sfumato con intersecazioni elastiche. Va bene il campo largo con i 5 Stelle ma non funziona il motto leniniano “meglio meno, ma meglio”. Bisogna lavorare a una colazione che esprima tutto il “meglio” nelle condizioni date, con la capacità di unire l’area del centrosinistra e scompaginare, se possibile, quella avversaria con l’obiettivo del “divide et impera”. Lo scardinamento del centrodestra passa per la “conquista” del centro. Si otterrebbero due risultati strategicamente decisivi per il successo alle comunali: da un lato si accentuerebbe la colorazione di destra dei competitor, dall’altro si eviterebbe che il centrosinistra venga visto dagli elettori come una sinistra-centro, formula sicuramente perdente. E qui deve entrare in campo il partito democratico. Il commissario del circolo Eugenio Marino deve avere la capacità di adattare il modello nazionale alla realtà locale. Optare per il versante di sinistra sarebbe la prima pietra di inciampo. Ad oggi la priorità è dialogare con i centristi, a partire dai seguaci del consigliere regionale Giovanni Zannini, con i quali si è già tessuto una trama nella passata esperienza amministrativa. Per quell’intesa i dem hanno pagato dazio. Buttare tutto a mare in vista del voto sarebbe politicamente schizofrenico, anche alla luce dei buoni rapporti tra il presidente della commissione Ambiente del parlamentino campano e Stefano Graziano. Finora il deputato del Pd è rimasto alla finestra. È il caso di fare un passo in avanti. Spetta anche a lui sondare il terreno per verificare se ci sono le condizioni per un accordo con gli zanniniani. Da qui passa un’ampia fetta del risultato elettorale. Se invece il commissario Marino dovesse puntare prima ad affasciare il mondo della sinistra sarebbe molto più ostico, se non impossibile, coagulare le anime centriste. Non è politicismo, ma sano realismo. L’orientamento sinistrorso troverebbe un muro invalicabile nell’opinione pubblica. Gli aversani hanno un dna moderato. Mal digeriscono la sinistra. Lo dice la storia della città. Sarebbe inoltre sbagliato rincorrere l’ex dem Eugenia D’Angelo che si è intestata una battaglia veterocomunista. Dopo l’addio dei guastatori (la stessa D’Angelo, oltre che Paolo Santulli) il Pd normanno non ha più alibi. Deve porsi come forza trainante del centrosinistra senza però la tracotanza di voler annettere i centristi. Sarebbe deleterio. E impedirebbe, a priori, ai democrat di esprimere il candidato sindaco. Un’aspirazione legittima ma non una condicio sine qua non. Se l’area moderata indicasse un leader in grado di agglomerare più forze civiche e politiche si dovrebbe ragionare senza pregiudizi o diritti di prelazione. Vincere non è l’unica cosa che conta, certo. Serve una coalizione capace di governare. Ma perdere già in partenza sarebbe un suicidio politico che consegnerebbe la città nelle mani del centrodestra. E, direbbe De André, per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti.
Mario De Michele