Un modo per andare a colpire i presunti furbetti della Naspi. Sarebbe questa la ragione della stretta sul sussidio di disoccupazione inserita in un emendamento alla legge di bilancio firmato dai relatori della manovra. Si andrebbe così a colpire un “fenomeno elusivo”, spiega la ministra del Lavoro Marina Calderone. Una norma decisa per non erogare la disoccupazione a chi si dimette, poi si fa riassumere e licenziare. L’emendamento metterebbe nel mirino proprio questi casi, anche se per alcuni esperti la stretta va a penalizzare tutti, rendendo più difficile l’accesso al sussidio di disoccupazione. Un fenomeno – visti i casi riscontrati da Inps, ma mai quantificati – su cui è voluta intervenire la ministra del Lavoro, Calderone, che ha difeso l’emendamento parlando di “misura anti-elusiva”.

L’altra stretta nel collegato lavoro
Il problema? Le dimissioni camuffate da involontarie. Una pratica su cui il governo era di recente già intervenuto nel collegato lavoro. In un modo però diverso. Lì per colpire i dipendenti che si mettono d’accordo con i datori di lavoro per essere licenziati e ricevere il sussidio di disoccupazione. L’assenza non giustificata oltre i 15 giorni non varrà più come licenziamento disciplinare, ma sarà equivalente alle dimissioni volontarie: niente Naspi. L’azienda, se licenzia, di norma deve anche versare all’Inps il ticket di licenziamento, che può arrivare fino a 2 mila euro. In questo modo, dopo la norma del governo Meloni nel collegato lavoro (già legge), l’azienda risparmia questi soldi. E il lavoratore non incassa più il sussidio.

La norma in manovra
L’emendamento in manovra invece prende la questione da un altro punto di vista (e deve essere ancora votato dalla Camera). Dice che i lavoratori che hanno dato dimissioni volontarie da un lavoro «a tempo indeterminato nei 12 mesi precedenti, avranno diritto alla Naspi in caso di licenziamento da un nuovo impiego solo se hanno almeno 13 settimane di contribuzione dal nuovo impiego, perso il quale si richiede l’indennità».

Reazioni politiche
“Le parole usate dalla ministra Calderone per giustificare la vergognosa norma sulla Naspi, presentata nottetempo come emendamento dei relatori alla legge di Bilancio, sono un’offesa alle lavoratrici e ai lavoratori di questo Paese”, dice la capogruppo del M5S in commissione Lavoro alla Camera Valentina Barzotti. “Quest’idea che tutti siano truffatori è ributtante, ancor di più visto il pedigree di ministri come Santanché accusata di truffa all’Inps. La smettano con queste norme capestro a senso unico e si occupino di cose serie”.

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