Umberto Bossi non si arrende. Anche se ha consegnato il suo ‘bambino’ nelle mani dell’eterno delfino Roberto Maroni, non ci sta a sentirsi affibbiare proprio da Bobo un ruolo semplicemente “affettivo”. E messo alla porta in modo “poco generoso”, il Senatur tenta l’ennesimo colpo di coda per ribadire che il “capo”, nonostante tutto è e rimane lui, e che “i cani piccoli” possono anche “abbaiare tanto” ma “non fanno paura”. Parole dure, che sembrano però non scalfire il nuovo segretario del Carroccio.

Maroni, infatti, ‘snobba’ letteralmente il vecchio capo, limitandosi a ricordare che “il congresso ha deciso” e che “la questione” per lui si è “chiusa” lì. Ma il Senatur insiste ancora, e a stretto giro ricorda a Maroni che fare il segretario “non è una funzione di potere” e che la leadership “la decide la gente ogni giorno” non è “una cosa una tantum”. Lui, peraltro, farà “quello che la Lega mi dice di fare”. E intanto scaccia le ipotesi, circolate in questi giorni, di possibili scissioni nel partito: “I rischi ci sono sempre – dice – ma speriamo di no”. Le stilettate ormai si susseguono da settimane e non si contano più, con Bossi che a più riprese ha tentato di riconquistare lo spazio ceduto “democraticamente” in quel congresso che ha incoronato il nuovo leader praticamente all’unanimità. E anche oggi il Senatur, tornato a Roma dopo settimane di assenza, prima ha lasciato filtrare l’intenzione di parlare. E poi davanti ai giornalisti, tra una critica al fiscal compact e un punto interrogativo sulla nuova discesa in campo dell’ex alleato Silvio Berlusconi (“non ho capito se è tornato veramente” e in ogni caso “é troppo presto” per parlare di alleanze) ha lanciato l’ennesimo siluro. E proprio parlando della sua lunga assenza dalla Capitale, perché “non gli piace”, ha tirato fuori l’orgoglio leghista di sempre, chiarendo che lui la guerra preferisce farla “sulle Alpi”. Parole colte al balzo da un ‘bossiano’ di ferro come il leader degli indipendentisti leghisti, il trentino Erminio Boso. Che offre subito al vecchio capo un ‘esilio’ lontano da “pressioni e da uomini e donne che gli danno la cicuta”. “Vuol fare la guerra sulle Alpi? Venga su da me che lo aspetto” è l’invito, condito dal consiglio al Senatur di stare lontano “dai veleni” e attento “ai falsi amici che lo aizzano dicendogli che lui è ancora il capo”. Quello che deve fare Bossi, nella ricetta di Boso, è farsi “delle passeggiate nei boschi”, “spegnere il telefonino per qualche giorno” e “ritirare fuori quella carica di inventiva che tanto serve in questo momento” mettendo così “un valore effettivo, di idee e di creatività, nel suo ruolo di presidente”.

 

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