Nuovo modello di Difesa al via. All’insegna del ‘dimagrimento’ sia per gli uomini che per i programmi di armamenti. I tagli alle risorse (tre miliardi di euro in meno nel triennio 2012-2014) impongono infatti l’eliminazione delle ridondanze e delle inefficienze. Salvaguardando le missioni all’estero, considerate un fiore all’occhiello. Domani il ministro Giampaolo Di Paola illustrera’ in Consiglio dei ministri il ”progetto di revisione dello strumento militare nazionale”. Mercoledi’ spieghera’ la riforma alle commissioni riunite di Camera e Senato.
Giovedi’ scorso Di Paola aveva avuto il via libera dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano, nel corso del Consiglio supremo di Difesa. Si tratta di un cambiamento annunciato come epocale. Va in soffitta il modello a 190mila militari previsto dalla legge 331 del 2000, considerato non piu’ sostenibile. Attualmente si e’ gia’ scesi a circa 178mila (104mila Esercito, 42mila Aeronautica e 32mila Marina). L’obiettivo e’ calare ulteriormente fino alla soglia 140-150mila uomini. A farne le spese soprattutto gli ultracinquantenni in divisa: quelli in esubero andrebbero spostati verso altre amministrazioni dello Stato o verso il prepensionamento. Percorso che non si annuncia facile. Uno dei punti critici individuati da Di Paola e’ infatti la distribuzione della spesa, ora fortemente sbilanciata verso il personale (65%) a scapito di esercizio (10%) ed investimento (24%). E c’e’ squilibrio anche tra le gerarchie delle forze armate, con un netto esubero di marescialli (sono circa 55mila rispetto ai 25mila previsti) e sono troppi anche i generali (ben 425). Dopo gli uomini, i programmi. E’ stata fatta una puntuale ricognizioni di tutti quelli che impegnano il settore negli anni a venire. Ci sara’ una ”rimodulazione” (leggi taglio) di quelli ritenuti non prioritari e sacrificabili. Principale imputato e’ Joint Strike fighter: 131 caccia F-35 da acquisire fino al 2026 per sostituire gli attuali Tornado, Amx ed Av-8B. I primi sono gia’ stati ordinati dall’Italia alla poco modica cifra di 80 milioni di euro ciascuno. Nel 2011 sono stati spesi 469 milioni per Jsf. I supercaccia stanno a cuore al ministro, che li ha strenuamente difesi, ma potrebbe esserci una riduzione del numero complessivo di velivoli da ordinare. Qualcuno ha ipotizzato 30 in meno. Analoghe ”rimodulazioni” potranno riguardare altri programmi: dagli elicotteri Nh-90 (costati 416 milioni nel 2011 per una spesa complessiva di 3,8 miliardi al 2018) ai sommergibili U-212 (168 milioni nel 2011, 1,8 miliardi fino al 2016). Difesa piu’ magra, dunque, e soprattutto piu’ ‘integrata’ con quella dei Paesi partner europei. Anche questo e’ un modo per ottenere risparmi senza perdere efficienza come sa bene Di Paola che, prima di essere chiamato da Monti a fare il ministro, era presidente del Comitato militare della Nato. In questa direzione, il Consiglio supremo di Difesa ha annunciato un’iniziativa italiana. Infine, si punta a dare un colpo di acceleratore alla dismissione dell’immenso patrimonio della Difesa: siti, terreni, caserme, aeroporti, fari, immobili vari – molti dei quali inutilizzati – che potrebbero essere alienati dando respiro al bilancio del ministero.