“Nella mia vita ho passato sempre tre settimane al mese in canoa. Ho sempre delegato ai tecnici. Ancora l’altro giorno, a mia precisa domanda, il commercialista ha risposto che era tutto a posto. Se avessi immaginato di avere in carico qualche irregolarità amministrativa non avrei accettato di fare il ministro”. Lo afferma la titolare delle Pari opportunità, Josefa Idem, in un’intervista a Repubblica in cui spiega che non si dimetterà. “Non posso accettare che si metta in dubbio la mia onestà. Capisco che posso aver fatto un errore nell’affidarmi a persone che non hanno fatto il mio interesse – dichiara Idem – ma se ci sono state irregolarità, farò come qualunque cittadino: pagherò con gli interessi”.

“L’accusa di aver violato una legge alimenta il triste ritornello ‘vedi? sono tutti uguali’. Anche perché è più forte la tentazione di sporcare un lenzuolo pulito”, dice Idem, precisando che il premier Letta non le ha chiesto di rinunciare al mandato ma che anzi le ha “rinnovato la sua fiducia”. Alle dimissioni “ho pensato molto, però a fare il ministro non ho fatto una scelta né di comodo né di convenienza. Ho accettato di mettermi al servizio della comunità e ci ho rimesso sul piano della vita privata e affettiva e sul piano economico”, prosegue Idem. “Faccio un lavoro bellissimo e penso che ne valga la pena. Se il gioco al massacro prevede che sia questo il mio turno di essere fatta a pezzi io dico: la poltrona non mi interessa, mi interessa il progetto per cui sono stata chiamata”. Entrando nel merito della questione, “fino al 2007 abitavamo in una casa di mia proprietà su due piani: al piano terreno un open space attrezzato a palestra, al primo piano l’abitazione”, racconta il ministro. “Quando sono cresciuti i figli abbiamo avuto bisogno di una casa più grande e ce la siamo costruita. Appena pronta ci siamo trasferiti, ma io ho continuato ad usare la vecchia casa sia come palestra che, in alcune occasioni, come ‘casa mia’”.

 

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