Dopo la scossa, nessun danno. Solo un assestamento che chiude in poche ore la crisi politica dentro il centrodestra, ora atteso da un paziente lavoro di mediazione, ma che fa gridare al bluff le opposizioni di centro-sinistra che avevano quasi creduto nella volontà della Lega di far cadere la Giunta di Roberto Formigoni in Regione Lombardia.

L’accordo fra Angelino Alfano, Roberto Maroni e il governatore che era stato messo in discussione ieri dopo l’arresto dell’assessore Domenico Zambetti (accusato di voto di scambio con la ‘ndrangheta) ha di fatto tolto dal limbo la politica lombarda, pur non sgombrando il campo da tutte le incognite sul futuro, che dovranno essere a questo punto misurate di giorno in giorno dopo l’annunciato azzeramento della Giunta. Dal gruppo della Lega, che ieri sera aveva rimesso il suo mandato nelle mani del segretario lombardo Matteo Salvini, non c’é alcuna aggiunta rispetto alle parole di Maroni, che invece viene tacciato di “subalternità a Formigoni” dal segretario lombardo del Pd, Maurizio Martina. Ciò che ha detto stasera Maroni, ha sostenuto Martina, è “cosa ben diversa dalle prese di posizione di queste ore: tirare a campare in questo modo rimanendo attaccati alle poltrone è dannoso per la Lombardia ed é una clamorosa presa in giro”. E di “teatrino” ha parlato Giulio Cavalli, di Sel, secondo il quale “alla fine la Lega 2.0 continua a essere collusa con i mali che dice di combattere”. Al di là delle analisi sullo spirito in cui è maturato l’accordo nel centrodestra, il dato politico è che Pdl e Lega vogliono andare avanti su “riforme concrete” da approvare nei prossimi mesi, che poi sono le stesse (o quasi) al centro di quel ‘tagliando’ mensile iniziato già a luglio e fonte di dissidi fra alleati. Il capogruppo del Pdl, Paolo Valentini, è sicuro che “si riparte con un’azione programmatica se possibile ancora più forte” e chiede, piuttosto, ai consiglieri di Pd-Idv-Sel di dimettersi per “coerenza” già martedì in Aula. Dichiarazioni che si sono, tutte, accavallate rapidamente in pochi minuti, dopo che l’attesa del chiarimento aveva ingessato il Palazzo per tutta la giornata, iniziata con uno scambio di dichiarazioni a distanza fra Formigoni (in televisione) e Salvini (su Facebook). In Regione è calato il silenzio dell’attesa, con lo sguardo a Roma. Difficile è stato, ad esempio, lavorare nelle commissioni, perché la Lega, appreso dalle agenzie nel pieno della notte che Formigoni aveva deciso di revocare le deleghe ai suoi assessori, ha imposto ai suoi consiglieri di disertare i lavori fino a che non ci fosse stato il chiarimento definitivo: numero legale saltato, tanto da far persino slittare la discussione sulla macroregione del Nord e sui provvedimenti bipartisan per rendere più trasparenti i bilanci dei gruppi. Ora al Pirellone è scattato il ‘toto-nomi’ sugli assessori della nuova Giunta Formigoni. Ma anche il ‘toto-calendario’ su quanto la pax politica durerà.

 

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