“La situazione si sta normalizzando, e non stiamo mandando i nostri militari allo sbaraglio, incontro ad un destino ignoto. Non rischiano la pena di morte”. Lo sottolinea in una intervista a Repubblica il ministro degli Esteri Giulio Terzi, spiegando che lo “strappo” con l’India era necessario altrimenti “non avremmo potuto contrattare con il governo indiano le condizioni attuali, che prevedono per loro condizioni di vivibilità quotidiana nel paese e la garanzia che non verrà applicata la pena massima prevista per il reato di cui sono accusati”.

E chiarendo anche di non avere alcuna intenzione di dimettersi. Rispetto a due settimane fa “la tensione è salita, si sono manifestate preoccupazioni anche per l’incolumità del nostro ambasciatore, la vicenda ha avuto un risalto internazionale”. Terzi ritiene che “la mossa di riportarli in Italia e comunicare che non sarebbero rientrati abbia avuto l’effetto che ci aspettavamo, clamore a parte. Le iniziative delle procure militari e civili inoltre hanno dimostrato che anche dal punto di vista della nostra giustizia Roma non sta con le mani in mano”. E ora con l’India si è riaperto “un canale di comunicazione diplomatica e giuridica che si basa sul mutuo rispetto”. E “non ci sono più le preoccupazioni che avevamo in precedenza” e “ci muoviamo nell’ambito di leggi internazionali, che devono essere rispettate. Confidiamo che ciò avvenga”. La decisione è arrivata dopo un Cdm in cui “ci sono state sensibilità diverse tra i ministri, ma che tutti hanno lavorato a fondo con la volontà di trovare una soluzione che fosse equa, che ripristinasse dei regolari rapporti diplomatici con l’India e che ci desse garanzie sulla sorte dei nostri fucilieri”. E ai due marò, poi, è stata comunicata “dal presidente del Consiglio”.

 

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