Dopo una discussione approfondita e ”sofferta”, Mario Monti conferma il suo ‘no’ alla candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2020. Il presidente del Consiglio non firmera’ l’indispensabile ‘garanzia” chiesta dal Comitato Olimpico Internazionale. L’elenco delle motivazioni addotte dal presidente del Consiglio
e’ lungo e articolato, tanto da convincere anche quei ministri (non pochi) inizialmente favorevoli all’idea di ospitare i Giochi: si va dal rischio che i costi preventivati lievitino, alla difficile fase economica; dalla necessita’ rispettare i tanti sacrifici fatti dagli italiani, al bisogno di risparmiare risorse in vista del lungo e doloroso cammino di risanamento del debito pubblico imposto dall’Europa. Il premier, dopo la riunione del governo e dopo aver dato la brutta notizia al comitato promotore arrivato appositamente a palazzo Chigi nella speranza di un colpo di scena finale, snocciola le sue ragioni – squisitamente economiche, anche se c’e’ chi dice che la sua rinomata ‘freddezza’ verso lo sport ”non abbia certo aiutato” – e interrompe il Cdm per spiegare alle telecamere il suo ‘no’. Prima pero’ elogia il progetto e ringrazia pubblicamente chi ha promosso il progetto: da Letta, ad Alemanno; da Petrucci a Pescante. Tuttavia, aggiunge, dopo aver ”riflettuto approfonditamente” e al termine di una ”discussione approfondita e per tanti aspetti sofferta” in Cdm ”siamo arrivati alla conclusione unanime che che sarebbe responsabile assumere questo impegno”. Monti ricorda i ”sacrifici” chiesti agli italiani e, nonostante dica che il ”passaggio piu’ difficile” sembra alle spalle, ammonisce sul fatto che restano ”turbolenze” sui mercati che rischiano, come dimostra la Grecia, di mettere in pericolo quanto finora fatto, oltre che i ”denari” dei contribuenti. Il governo, in sostanza, non se la sente di gravare sulle fragili finanze pubbliche con costi che sono per giunta ”imprevedibili”. Perche’, nonostante l’accuratezza metodologica dello studio di fattibilita’, gia’ in altri Giochi i preventivi si sono rivelati molto inferiori ai consuntivi. Il rischio e’ che i costi, come avvenuto a Londra, lievitino. E se sono cresciuti nella capitale britannica – pensa Monti, ma senza dirlo – figurarsi cosa potrebbe accadere a Roma dove e’ molto difficile evitare sprechi o peggio malversazioni. E a chi gli chiede se cosi’ facendo non dimostri scarsa lungimiranza e soprattutto poca fiducia nel sistema Italia, Monti replica che e’ vero il contrario: sono i governi precedenti ad aver pensato poco all’impatto nel lungo periodo delle loro politiche e lui non vuole ”mettere in difficolta”’ i futuri esecutivi. Del resto ha appena trascorso un’intera giornata a New York cercando di convincere gli investitori a puntare sull’Italia, rassicurandoli sul fatto che dopo di lui la strada del rigore non sara’ abbandonata. C’e’ anche un problema di credibilita’. E Monti lo dice apertamente: non vogliamo dare ai mercati e all’Ue la ”percezione” che ci stiamo rilassando, perche’ comprometteremmo la fiducia cosi’ faticosamente riconquistata con ”dubbi, magari alimentati da concorrenti dell’Italia”. Infine, c’e’ l’impegno – confermato nel Patto di bilancio europeo, ma gia’ previsto in un piano confermato dal precedente governo (rimarca con una punzecchiatura al Pdl) – di ridurre il debito pubblico che imporra’ per i prossimi anni ”’sforzi” considerevoli. Insomma, in questa fase, sarebbe ”prematuro sganciare la cintura di sicurezza”. Motivazioni che convincono anche quei membri dell’Esecutivo inizialmente favorevoli alla candidatura, Passera e Profumo in testa. Monti, sostenuto in Cdm da Vittorio Grilli (vice dell’Economia) e Elsa Fornero (Welfare), mette in evidenza un aspetto: la ”garanzia in bianco” richiesta dal Cio impone di ”immobilizzare” almeno due miliardi di euro. Denaro che andrebbe sottratto alle gia’ esigue risorse disponibili per rilanciare la crescita, a cominciare dalle infrastrutture. Raccontano che di fronte a queste obiezioni, anche i piu’ convinti sostenitori delle Olimpiadi (come il ministro dello Sviluppo, appunto) abbiano convenuto sull’opportunita’ di soprassedere.