Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha letto in aula una lettera inviata dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in cui si invita il Parlamento ad avere un filtro piu’ severo sugli emendamenti ai decreti. Basta con emendamenti fuori tema rispetto all’oggetto in discussione e che non abbiano i requisiti di urgenza specifici dei decreti. La lettera del capo dello Stato e’ stata inviata sia al presidente Fini che al presidente del Senato, Renato Schifani, oltre che al premier Mario Monti.
“Sottopongo alla vostra attenzione -si legge nella lettera- in spirito di leale collaborazione istituzionale, la necessita’ di attenersi, nel valutare l’ammissibilita’ degli emendamenti riferiti a decreti-legge, a criteri di stretta attinenza allo specifico oggetto degli stessi e alle relative finalita’, anche adottando, se ritenuto necessario, le opportune modifiche dei regolamenti parlamentari, al fine di non esporre disposizioni, anche quando non censurabili nel merito, al rischio di annullamento da parte della Corte costituzionale per ragioni esclusivamente procedimentali ma di indubbio rilievo istituzionale”. “Ritengo utile che vengano informati delle mie considerazioni i Presidenti dei gruppi parlamentari e i Presidenti delle Commissioni permanenti”, sottolinea Napolitano. “Onorevoli Presidenti si legge nella lettera del presidente Napolitano- , come e’ noto la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 22 del 2012, depositata il 16 febbraio scorso, ha, per la prima volta, annullato disposizioni inserite dalle Camere in un decreto-legge nel corso dell’esame del relativo disegno di legge di conversione. Lo ha fatto in relazione alla legge di conversione del decreto-legge n. 29 dicembre 2010 n. 225 (c.d. ‘milleproroghe’), anche per ‘estraneita’ alla materia e alle finalita’ del medesimo’, a tutela dello speciale procedimento di conversione in legge previsto dall’articolo 77 della Costituzione”. “Un procedimento, rileva la Corte, che ha un oggetto ben definito, appunto la conversione di un provvedimento di urgenza, e per cio’ stesso e’ soggetto ad una particolare disciplina regolamentare che prevede tempi circoscritti e predeterminati e, conseguentemente, richiede una rigorosa delimitazione degli eventuali emendamenti secondo un criterio di stretta attinenza alle finalita’ e al contenuto originari del decreto-legge”, si spiega. “Gia’ con la lettera da me inviata il 22 febbraio 2011 ai Presidenti di Senato e Camera e al Presidente del Consiglio dei ministri, richiamata dalla stessa sentenza, sottolineavo la necessita’ di limitare gli emendamenti ammissibili, in sede di conversione dei decreti-legge, a quelli sostanzialmente omogenei rispetto al testo originario del decreto, in considerazione della particolare disciplina costituzionale e regolamentare del procedimento di conversione nonche’ a garanzia del vaglio preventivo spettante al Presidente della Repubblica in sede di emanazione del decreto-legge e di quello successivo sulla legge di conversione, anche per la difficolta’ di esercitare la facolta’ di rinvio prevista dall’art. 74 della Costituzione in prossimita’ della scadenza del termine tassativo di 60 giorni fissato per la conversione in legge”. “In quella lettera -prosegue il presidente Napoltiano- ho del resto ripreso considerazioni svolte dal Presidente Ciampi nel messaggio inviato alle Camere il 29 marzo 2002 con il quale venne richiesta una nuova deliberazione sulla legge di conversione del decreto-legge n. 4 del 2002 e da me in varie occasioni anticipate fin dall’inizio del settennato ai Presidenti delle Camere e ai Governi che si sono succeduti, anche in relazione alle specifiche disposizioni legislative e dei regolamenti parlamentari relative alla decretazione d’urgenza”. “Peraltro la prassi parlamentare non sempre si e’ attenuta ai criteri suindicati, con particolare riguardo al tradizionale decreto-legge di fine anno con il quale vengono prorogati termini di efficacia di varie disposizioni legislative, essendo prevalsa la linea di ritenere sufficiente, per l’ammissibilita’ degli emendamenti, una generica finalita’ di proroga non collegata con l’oggetto e spesso neppure con la materia e le finalita’ del provvedimento di urgenza. Talora, si sono anche consentite modifiche ordinamentali non strettamente limitate all’ambito temporale della proroga di tali termini”, si legge nella lettera. “Anche in occasione del recente decreto-legge ‘milleproroghe’ 29 dicembre 2011, n. 216 sono stati ammessi e approvati emendamenti che hanno introdotto disposizioni in nessun modo ricollegabili alle specifiche proroghe contenute nel decreto-legge, e neppure alla finalita’ indicata nelle premesse di garantire l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa. Le disposizioni cosi’ introdotte, se in possesso dei requisiti di straordinaria necessita’ ed urgenza, avrebbero dovuto trovare piu’ corretta collocazione in un distinto apposito decreto-legge. Come e’ noto, il Capo dello Stato -si sottolinea- non dispone di un potere di rinvio parziale dei disegni di legge e non puo’ quindi esimersi dall’effettuare, nei casi di leggi di conversione, una valutazione delle criticita’ riscontrabili in relazione al contenuto complessivo del decreto-legge, evitando una decadenza di tutte le disposizioni, comprese quelle condivisibili e urgenti, qualora la rilevanza e la portata di queste risultino prevalenti”.