“Mi chiamo Bisignani Luigi e sono nato a Milano il 18 ottobre del 1953. Intendo rispondere sui fatti per cui sono stato arrestato”.
Alle 13.30 di lunedì scorso, al ventesimo piano del palazzo di giustizia di Napoli, nell’ufficio del gip Luigi Giordano, l’uomo già iscritto alla P2 e condannato per la maxi-tangente Enimont (150 miliardi di lire), il “Coach” di fronte al quale si è genuflessa un’intera classe dirigente politica ed economica riconoscendogli poteri propri di un Presidente del Consiglio, torna a parlare nel suo interrogatorio di garanzia. È un verbale di 48 pagine, in cui indica amici e nemici. Descrive la natura del suo rapporto con Gianni Letta e “la sola volta che parlai con Silvio Berlusconi”, le origini e la qualità di un sistema di relazioni in cui fanno capolino magistrati, generali della Guardia di Finanza e dirigenti dei Servizi, giornalisti, qualche rottame della prima Repubblica. Sostiene dunque Bisignani: “Sicuramente parlavo e informavo il dottor Letta delle informazioni che mi venivano comunicate e partecipate. E che lo potevano riguardare direttamente, o indirettamente, come la vicenda di Denis Verdini o quelle che riguardavano il sottoscritto (…) Vede, Letta è stato il mio testimone di nozze. Lo conosco da 40 anni. Quando parlavamo, logicamente, era di cose, di inchieste, di quello che c’era sui giornali”. “Logicamente?”, lo interrompe il gip. “A Roma si parla solo ed esclusivamente delle inchieste (…) Parlammo dell’affare Chiorazzo, perché nel suo primo numero, il quotidiano “il Fatto” aveva sulla sua prima pagina: “Letta indagato” (…) È vero, con Letta parlai di Alfonso Papa, che per altro lui conosceva, perché da direttore generale del ministero (di Giustizia ndr.) aveva partecipato ai preconsigli dei ministri (…) Devo dire la verità, io, negli anni, non ho mai tenuto la mia porta chiusa con nessuno. Se ho potuto dare un consiglio, l’ho sempre dato”. I magistrati – pm e gip – tornano a interromperlo. Chiedono: “Ma ci vuole spiegare quale era il suo interesse in tutto questo? “Ritenevo che tutta questa confusione in seno alla maggioranza di governo, portava solo guai. Perché la mia esperienza politica mi ha detto che tra alleati, in quel modo là, non si discute. Come poteva essere la storia della casa di Montecarlo…”.