La crisi dell’Eurozona “e’ superata” e “l’Italia e’ tornata su un piu’ solido sentiero economico”. Mario Monti, nel suo ultimo giorno del lungo tour asiatico, sparge ottimismo e torna a difendere la riforma del mercato del lavoro che e’ “mirata a modernizzare la rete di sicurezza sociale per i lavoratori e aumenta sensibilmente la flessiblita’ per le aziende nella gestione della forza lavoro”, augurandosi che l’approvazione avvenga in tempi rapidi.

Il testo definitivo della riforma e’ comunque in dirittura d’arrivo. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, da Amman, annuncia che il ddl “sara’ presentato da qui a qualche giorno. Domani sera vedro’ lo stato dell’arte, perche’ il presidente del Consiglio doveva esaminare il progetto preparato dal ministro Fornero e da altri membri del governo e vedra’ se e’ pronto per sottoporlo alla mia firma, che e’ solo di autorizzazione alla presentazione”. Il Cdm e’ stato convocato per domani mattina e fonti di governo spiegano che quella potrebbe essere la sede per il via libera definitivo al testo (la riforma infatti era stata approvata dal governo con la formula ‘salvo intese’) da trasmettere al Parlamento. Intanto, il clima tra le forze politiche che sostengono il governo sembra essersi rasserenato. Ieri il presidente del Senato, Renato Schifani, ha assicurato che se si raggiungera’ una “sintesi” sui punti ancora controversi, il via libera a palazzo Madama avverra’ in tempi rapidi, entro la meta’ di maggio, mentre Pierlugi Bersani lancia oggi un appello a Monti: “cambiamo insieme l’articolo 18”, perche’ “non possiamo mandare all’aria la riforma, va salvata”. Se si raggiunge l’accordo, dunque, il segretario Pd garantisce l’impegno del suo partito a un’approvazione rapida, “entro maggio”. Dal segretario del Pdl arriva un’apertura alla proposta dei democratici ma con un paletto, l’agenda non puo’ essere dettata dalla Cgil: “Fare insieme la riforma del lavoro e’ meglio che farla separati. Il problema e’ cosa si fa se la Cgil dice no. La nostra preoccupazione e’ che l’agenda alla fine la faccia il sindacato e non il governo. Se fosse cosi’ a noi non va bene”, afferma Angelino Alfano. Il leader Udc, Pier Ferdinando Casini avverte: sarebbe “irresponsabilita’ allo stato puro” continuare a “tenere aperta due mesi la partita” sulla riforma del lavoro.

 

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