Già domani pomeriggio. O martedì mattina al massimo la nomina di sottosegretari e viceministri dovrebbe arrivare a brevissimo. Il presidente del Consiglio Mario Monti è infatti intenzionato a formalizzare la lista prima della partenza per la riunione dell’Eurogruppo di martedì sera. E completare subito i ranghi del proprio governo, per poi dedicarsi esclusivamente alle prime misure anticrisi che saranno presentate il 5 dicembre. A palazzo Chigi si è lavorato tutto il fine settimana alla stretta finale sulla squadra dei ‘vice’.
Il sottosegretario Antonio Catricalà tiene le fila del dossier, in coordinamento con i singoli ministri. Ma manca ancora qualche tassello per comporre il puzzle di nomi e deleghe. Di qui ancora un po’ di incertezza sulla convocazione del Cdm ‘ad hoc’ per le nomine, che potrebbe svolgersi già lunedì pomeriggio, al ritorno del premier da Milano, o martedì mattina. Prima di formalizzare la lista, quasi certamente fatta solo di ‘tecnici’, verranno probabilmente informati i leader dei partiti che compongono la nuova larga maggioranza, con i quali i contatti sono quotidiani. Anche perché, in una misura che dovrebbe essere proporzionale al ‘peso’ parlamentare di ciascuno, alcune delle personalità che entreranno nel governo dovrebbero essere scelte tra quelle indicate nelle rose di nomi consegnate al premier da Pdl, Pd e Terzo polo. “Per me va bene anche se i sottosegretari li fanno tra un mese”, taglia corto il segretario del Pdl Angelino Alfano.
I partiti lasciano a palazzo Chigi ogni decisione finale. Ma i veti politici hanno reso più intricato il dossier e indotto Monti ancora una volta a optare, nell’ambito di una squadra quanto più snella possibile (trenta al massimo) per soli ‘tecnici’, per quanto ‘di area’. “Il Pdl ha detto ‘no’ ai politici: un ex parlamentare resta un politico”, dice chiaro e tondo Ignazio La Russa, che così taglia fuori dal governo anche un aspirante sottosegretario del Pdl come Antonio Martusciello. Un’idea dell’attenzione e dell’attesa di queste ore, può darla la disputa domenicale attorno al nome di Angelo Rughetti, segretario generale dell’Anci, molto quotato per un incarico al Viminale. Francesco Storace (La Destra) evoca un “conflitto d’interessi” e definisce “paradossale” un’eventuale nomina. Ma in difesa di Rughetti intervengono Gianni Alemanno e Sergio Chiamparino.
Il primo bolla Storace come “fuori luogo” e il secondo riconosce a Rughetti la “possibilità di svolgere autorevolmente un ruolo” di governo. Intanto, i nodi più spinosi da sciogliere restano quelli di Economia, Giustizia e Comunicazioni. A via XX Settembre si attende che Vittorio Grilli sciolga la riserva (l’offerta è un doppio incarico: viceministro e direttore generale del Tesoro). Mentre i veti incrociati dei partiti ostacolano una decisione su Giustizia (il nome di Giovanni Ferrara sembra tramontato) e Comunicazioni (dove Corrado Passera potrebbe tenere la delega). Per il resto, ai Rapporti con il Parlamento si fanno i nomi di Federico Toniolo e Antonio Malaschini, all’Editoria di Carlo Malinconico, alla Cultura di Paolo Peluffo. Tullio Fanelli allo Sviluppo, Francesco Verbaro alla Funzione pubblica, Antonio Rughetti agli Interni, Mario Ciaccia alle Infrastrutture, Carlo Dell’Aringa al Welfare. Mentre il Partito per i Diritti dei Militari candida il generale Finelli alla Difesa. Storace, intanto, pone una questione: “Dopo le nomine il governo non dovrà rinnovare la fiducia in Parlamento?”.