Il ministero dell’Interno ha presentato ricorso in Cassazione contro l’ordinanza del tribunale di Roma che ha bocciato il trattenimento di dodici migranti in Albania, negando la convalida del fermo disposto dal questore. Secondo il Viminale l’ordinanza è viziata perché non applica la norma italiana sui Paesi sicuri e «travisa» la sentenza del 4 ottobre della Corte di giustizia europea. In sostanza, sostiene il ministero, mentre il verdetto europeo implica che non possano essere considerati sicuri Paesi in cui ci siano zone insicure, nel caso italiano sia il Bangladesh che l’Egitto, da dove provenivano i 12 migranti trasferiti in Albania, garantiscono i rimpatri su tutto il territorio nazionale, senza eccezioni. Le eccezioni, come si legge nelle schede redatte dalla Farnesina, riguardano “solo” gruppi sociali: omosessuali, minoranze, dissidenti, oppositori politici, attivisti per i diritti umani. E dunque, è il ragionamento del Viminale, non si può bocciare il trattenimento, ma semmai valutare caso per caso, i motivi gravi per cui il singolo richiedente asilo non possa essere riportato nel suo Paese d’origine. Non solo: il ministero dell’Interno ritiene anche che l’ordinanza presenta «carenza assoluta di motivazione o motivazione apparente», poiché il tribunale si sarebbe «limitato a svolgere una serie di considerazioni astratte in diritto». L’ordinanza – conclude il Viminale – «deve essere cassata non solo per essersi fondata su una ricostruzione normativa errata ma anche per aver completamente omesso di indicare le ragioni che hanno condotto il Tribunale ad affermare che il Paese di origine» dei migranti «non fosse sicuro per loro».
Intanto è stata depositata al Csm la richiesta di apertura di pratica a tutela dei magistrati della Sezione immigrazione del Tribunale di Roma: il documento è stato sottoscritto da 16 consiglieri (esclusi i togati di Magistratura indipendente e i laici di centrodestra). “A seguito di alcune recenti ordinanze adottate dal Tribunale di Roma in tema di protezione internazionale – spiegano i sottoscrittori – si sono succedute numerose dichiarazioni da parte di importanti esponenti politici nazionali che hanno duramente attaccato i magistrati. Le critiche alle decisioni giudiziarie non possono travalicare il doveroso rispetto per la magistratura: applicare e interpretare le leggi di fonte nazionale e sovranazionale nei singoli casi non significa occuparsi di politiche migratorie o di altro genere”. “I provvedimenti attaccati, sui quali non si esprime alcuna valutazione di merito, si fondano sulle decisioni della Corte di giustizia europea, vincolanti per i giudici nazionali, e sulle informazioni predisposte dallo stesso ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale – continua il documento – Le ordinanze del Tribunale di Roma, se non condivise, possono essere impugnate innanzi alla Corte di Cassazione”, come difatti è accaduto, ma “le dichiarazioni di queste ore da parte di importanti rappresentanti delle istituzioni alimentano un ingiustificato discredito nei confronti della magistratura, tanto da imporre l’apertura di una pratica a tutela della sua indipendenza e autonomia”.