Quest’anno i poveri napoletani sembrano essersi lanciati in una libera interpretazione della Pasqua, dando vita ad una vera e propria “Settimana di Passione dei poveri”. Mentre la Curia napoletana si affannava nei classici riti pasquali, un gruppo di trenta famiglie senza casa, della campagna “Magnammece o Pesone”, ha deciso di avvicinarsi alla parola di Dio. O meglio, al patrimonio immobiliare di “Dio in terra”. Le famiglie hanno infatti occupato l’ennesimo stabile abbandonato dalla Curia napoletana, in P.zza Miraglia, esponendo striscioni con slogan molto chiari: “Prima i poveri” e “Mai più case senza gente, mai più gente senza case”. Non è certo la prima volta, nell’ultimo anno, che viene presa di mira la Curia che, denunciano dalla campagna “Magnammece o’ pesone”, detiene un patrimonio immobiliare enorme in città. Patrimonio quasi interamente frutto di donazioni vincolate all’utilizzo sociale ma che resta inutilizzato o, tutt’al più, viene “valorizzato” attraverso operazioni a carattere esclusivamente commerciale. Gli occupanti, che hanno già ricevuto una minaccia di sgombero, hanno dunque partecipato alla via crucis esponendo diversi cartelli e striscioni, che il Cardinale Sepe non sembra aver gradito. Il più alto esponente della Curia napoletana,infatti, si è guardato bene, per il momento, dal prendere posizione sulla vicenda. Sulla struttura, in gestione ai “Servi di Gesù”, già ex studentato cattolico ed ex sede di uffici del Policlinico, pare esista un progetto che la vedrebbe trasformata nell’ennesimo albergo del centro storico. E’ inoltre partita una petizione sul web attraverso la quale, gli occupanti dello stabile di P.zza Miraglia, hanno lanciato un appello per “ il diritto all’abitare dei ceti popolari all’interno del centro storico della città”. Riteniamo che la bellezza e l’importanza di questa città non si misuri soltanto dallo straordinario accumulo di storia artistica e sociale – hanno scritto nell’appello – ma dalla capacità di essere o meno una città accogliente e inclusiva a partire dai più deboli. Di innovarsi culturalmente e umanamente senza essere musealizzata o privatizzata ad uso e consumo di una mercificazione superficiale ed escludente. Vogliamo una città in cui i ceti popolari continuino ad abitare i quartieri storici, costruendo e rinnovando relazioni comunitarie, di vicinato e di quartiere, r/esistendo alla gentrificazione e alla precarietà, producendo incontri e scambi con le donne e gli uomini che attraversano questo territorio oltre gli stereotipi della paura e dell’esclusione. Già l’anno scorso, 9 famiglie per un totale di 35 persone, tra cui cinque minori e sette extracomunitari, furono cacciati con la forza da uno stabile di proprietà dell’Ordine delle Suore del Buon Pastore. Lo stabile, situato nel quartiere Vomero, era stato occupato a scopo abitativo poiché vuoto da qualche anno. Anche in quel caso la proprietà era frutto di una donazione vincolata ad uso sociale. La vicenda finì su tutte le testate nazionali, oltre che in televisione, ma non ci fu nulla da fare. Ad oggi, le nove famiglie, sono ancora in attesa di essere ricollocate in altre abitazioni. Ma la settimana di Passione, che va dalla domenica delle Palme alla domenica di Pasqua, non era ancora finita e a rallegrare il Venerdì Santo del Cardinale Sepe ci hanno pensato anche i 5 licenziati Fiat. Questa volta, i cinque operai si sono incatenati ad una delle colonne della navata centrale del Duomo, indossando una maglietta con la scritta “La passione dei licenziati Fiat”, mentre il Cardinale Sepe celebrava la rituale funzione del Venerdì Santo. La loro vicenda è ormai nota ai più: licenziati nel 2014 per aver inscenato il finto suicidio di Marchionne davanti ai cancelli della FCA, in segno di protesta dopo due suicidi di operai cassintegrati, rivendicano oggi il diritto alla satira e, soprattutto, il diritto a rientrare in fabbrica. I 5 operai, del Comitato di Lotta Cassintegrati e Licenziati Fiat, non sono certo nuovi ad iniziative clamorose, ironiche e di forte impatto. Tra le più recenti, va ricordata l’occupazione della gru di p.zza Municipio dello scorso Maggio: Mimmo Mignano, 48 anni, licenziato per ben tre volte dalla Fiat, trascorse oltre una settimana appollaiato sulla gru in attesa dell’arrivo a Napoli del Premier Renzi. L’iniziativa all’interno del Duomo è stata l’occasione per richiamare l’attenzione sull’ormai imminente udienza d’appello per il loro licenziamento, il prossimo 5 aprlile. Ma a voler essere precisi, la settimana della passione era già stata inaugurata la scorsa domenica da due operai del CUB – Consorzio unico di Bacino di Napoli e Caserta – da più di un anno senza stipendio. I due operai, ormai disperati, si erano arrampicati sul tetto del castello baronale di Acerra portando con se il manichino impiccato di un operaio ed una bombola di gas. Anche in questo caso il manichino assurge a simbolo di suicidi realmente avvenuti. L’ultimo risale al 12 febbraio scorso ed è il sesto tra i lavoratori del Consorzio Unico di Bacino. L’uomo, da più di un anno senza stipendio, si è tolto la vita con un colpo di fucile all’interno di un capannone a Mugnano. Insomma, una Pasqua ricca di Passione, durante la quale i poveri hanno voluto ricordare alla città e al Cardinale Sepe che non si può aspettare la morte per il paradiso. Casa e lavoro servono in vita.
Luca Leva