Napoli- “Il superamento della stagione commissariale? È maturo per continuare soprattutto a credere nella coesione sociale propria del sistema sanitario che in maniera tenace l’Anaao Assomed si ostina a chiamare in posizione quasi solitaria nazionale e pubblico”. E’ Giulio Liberatore, profondo conoscitore delle dinamiche sanitarie e componente della direzione nazionale del più diffuso sindacato della dirigenza medica a fare il punto dopo le polemiche piovute in questi giorni sulla sanità “commissariata” . I commissari sono sul viale del tramonto? “Noi come associazione o posto così come da anni poniamo la centralità dei livelli di assistenza a livello nazionale e nel Sud vera priorità .Da ultimo la denuncia anche della corte dei conti nella nostra regione. Al di là delle persone, sia sbagliato il metodo. Evidentemente non basta estromettere la politica (peraltro bipartisan) che in vent’anni ha raso al suolo il sistema sanitario delle regioni “canaglia”, facendo gestire i piani di rientro a “tecnici” nominati dal Governo di turno ed inviati in veste di proconsoli ad applicare la solita ricetta, più tasse, più tagli, più ticket. O era sbagliata la diagnosi o è sbagliata la terapia.Da questo dilemma occorre uscire” dichiara Liberatore. “ La questione seria è il livello di sanità che si può/vuole garantire ad un terzo del paese, praticamente desaparecido dalle mappe della sanità pubblica, evitando la desertificazione dei territori e delle risorse umane. Questo il punto su cui sconfiggere l’allergia di gran parte del governo al tema. Invece di rifugiarsi in luoghi comuni, la politica deve pronunciarsi sulla volontà o meno di garantire i LEA in maniera omogenea, declinando il diritto alla salute allo stesso modo in tutta l’Italia. E di impegnare risorse a garanzia della sostenibilità di un settore in cui l’ampliamento dell’intervento dei privati vede anche la partecipazione dello Stato che scommette contro se stesso, investendo nella sanità privata i soldi dei libretti postali”. “Contratti e leggi sono – come richiama la posizione della nostra associazione sindacale – solo strumenti di una politica che rimane ancora indecifrabile nella gestione delle diseguaglianze, che colpiscono e affondano, altro che attività libero professionale, la salute dei cittadini meridionali, cui viene destinato il 23% del Fondo Sanitario Nazionale. Mentre la Corte dei Conti denuncia gli effetti della riduzione della spesa sanitaria, maggiori dove il reddito è più basso, si consumano conflitti istituzionali che mettono il coperchio sulla iniquità distributiva. E, nell’universo parallelo della realtà, le condizioni di lavoro di medici e dirigenti sanitari peggiorano, costrette tra leggi inapplicate,organici carenti, rischi crescenti a fronte di retribuzioni bloccate da 6 anni”. “Il miglioramento dei conti – evidenzia il sindacato – realizzato dai piani di rientro non può essere separato dalla onnicomprensività della questione di fondo e rischia di apparire ai cittadini ed agli operatori come il prezzo imposto alla rinuncia a cambiare, alla rassegnata apatia, alla decapitalizzazione del lavoro”