Neppure «la madre di tutte le battaglie», vincere il referendum contro l’autonomia differenziata anche per far crollare come un castello di carte le altre riforme del governo Meloni — premierato e separazione delle carriere, «che si tengono insieme in forza di un baratto fra alleati» — ha convinto Giuseppe Conte a dismettere l’abito dell’offeso e a partecipare accanto ad Elly Schlein alla grande iniziativa del Comitato promotore che di fatto dà il via alla campagna di mobilitazione nel Paese.

Dilemma morettiano
Dinnanzi al dilemma morettiano, “mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”, il leader M5S ha scelto la seconda strada. Preferendo, a proposito di priorità, le polemiche sul perimetro della coalizione progressista alla lotta comune per abrogare la legge Calderoli che spacca in due l’Italia. Suscitando molto malumore fra i sindacati (Cgil e Uil) e le centinaia di associazioni laiche e cattoliche, dall’Anpi a Libera, che si sono date appuntamento al centro Congressi Frentani per lanciare «la sfida più difficile: trasformare 1,3 milioni di firme in 25 milioni di voti». Indispensabili per superare il quorum, ovvero il 50% più uno degli aventi diritto: un’asticella altissima considerando il tasso di astensione che alle ultime europee ha portato alle urne meno della metà degli elettori.

Bonelli: “Chiarire il ruolo di Renzi”
«Il presidente Conte è assente semplicemente per il breve preavviso, per questo non è potuto essere qui oggi», verga la giustificazione la senatrice Alessandra Maiorino. Non regge, però. «La convocazione è di 15 giorni fa, ma ciascuno ha i suoi impegni», taglia corto Ivana Veronese, segretaria confederale Uil e vicepresidente del Comitato promotore: «Le beghe stanno fuori da questo tema importantissimo». Un monito più che un auspicio, il fronte referendario non può essere indebolito dalle liti interne al centrosinistra, eppure l’argomento tiene banco. Irrobustito dal verde Angelo Bonelli che, a margine, invoca «un chiarimento sulla presenza di Renzi nell’alleanza dopo le regionali. La sua stagione ha rappresentato un elemento di profonda lacerazione nel Paese». Coi grillini a fare l’eco: «Felici che Avs sposi la nostra richiesta».

“Uniti si vince”
Destinataria è la segretaria del Pd, che tuttavia preferisce glissare: «L’Italia non ha bisogno di questa Autonomia, anzi va ricucita. Le disuguaglianze sono già enormi se pensiamo che un bambino che nasce a Reggio Calabria ha 5 anni di aspettativa di vita in meno di un bambino che nasce a Bologna», spiega Schlein. «È il motivo per cui si è riunita questa grande coalizione di forze sociali, politiche e sindacali che insieme porta avanti la giusta battaglia per l’unità nazionale». Ma attenzione: «La vera sfida inizia adesso», insiste Schlein, bisogna mobilitare le persone, far loro capire che l’Autonomia mina l’accesso ai servizi fondamentali. Vuol dire creare cittadini di serie A e di serie B». In sintonia con Maria Elena Boschi. «Se siamo uniti possiamo raggiungere il quorum e se vinciamo il governo va a casa perché il voto conta. Divisi facciamo un regalo a Meloni e Salvini», attacca la renziana. «Hanno promesso di sbloccare l’Italia e con un chiodo è rimasta bloccata. Ci troviamo di fronte a una banda di incapaci».

Chiamata alle armi
È questo il mood. Una chiamata alle armi «a difesa della Costituzione», esorta Rosy Bindi, che avverte: «Non sentiamoci in colpa, la legge Calderoli non è, come qualcuno vuol far credere, l’attuazione della riforma del Titolo V che pure non ho amato». Semmai è lo strumento che «non solo allontana il Sud dal Nord, ma fa male a tutta l’Italia», rincara il segretario del Psi Enzo Maraio. «Una sòla clamorosa», la ribattezza alla romana il sindaco e presidente di Ali Roberto Gualtieri, «imposta da un partitino che ha a malapena l’8% e danneggia la stragrande maggioranza degli italiani. Un furto con destrezza perché sottrae risorse alla fiscalità generale e nemico delle autonomia in quanto taglia completamente fuori i comuni».

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