Non esiste più riparo per i soldati Unifil, ancora in grave pericolo per gli scontri incessanti tra Israele ed Hezbollah. A rischiare la vita, nonostante il rispetto dei protocolli per il massimo allarme e il rifugio nel bunker, sono stati stavolta i militari italiani: tre razzi, lanciati dai miliziani sciiti intorno alle 13, hanno raggiunto la base di Shama nel sud del Libano, dove opera attualmente la brigata Sassari. Uno dei missili è finito sulla struttura blindata, dove con elmetti e giubbotti i caschi blu erano entrati, e quattro soldati – raggiunti da schegge di vetro e pietrisco – sono rimasti lievemente feriti e le loro condizioni non destano per fortuna preoccupazioni. Un altro razzo è invece esploso vicino a ‘Casa Italia’, un edificio che è adibito a pizzeria. Le responsabilità del lancio sembrano inequivocabili: i missili sono da 122 millimetri, una tipologia usata da Hezbollah e non in dotazione all’esercito israeliano. Ma ciò che è accaduto, per quanto appare chiaro che la base italiana non fosse l’obiettivo, non può essere ritenuto casuale: quell’area è da giorni terreno di scontro tra le milizie libanesi e l’Idf.

Già da una decina di giorni le unità dell’esercito di Netanyahu hanno raggiunto il villaggio di Shama e stanno tentando di neutralizzare i bunker e i depositi di armi dei loro nemici. E proprio questa mattina, poco prima che si verificassero le esplosioni, l’Idf aveva abbattuto due droni di Hezbollah nei pressi della base. Non è la prima volta che i nostri caschi blu finiscono in mezzo alla trincea aleatoria di questa guerra. A fare le spese del conflitto nelle scorse settimane era stato anche l’altro avamposto italiano di Naqoura, finito sotto il fuoco degli israeliani. Commentando l’ultimo episodio, la premier Giorgia Meloni ha parlato di “attacchi inaccettabili” rinnovando un appello “affinché le parti sul terreno garantiscano, in ogni momento, la sicurezza dei soldati di Unifil e collaborino per individuare in tempi brevi i responsabili”, ha aggiunto il presidente del Consiglio esprimendo solidarietà e vicinanza del governo ai feriti e alle loro famiglie. Il ministro della Difesa Guido Crosetto ritiene “intollerabile che ancora una volta una base di Unifil sia stata colpita” e si sta mobilitando per “parlare con il nuovo ministro della Difesa israeliano, cosa che – sottolinea – è stata impossibile dal suo insediamento ad oggi”. L’obiettivo è di chiedergli “di evitare l’utilizzo delle basi Unifil come scudo”: una richiesta evidentemente riferita all’attuale strategia militare dell’Idf, che rischia di esporre a rischi ancora maggiori i contingenti Onu e in particolare il nostro. Ma “ancor più intollerabile – prosegue Crosetto – è la presenza di terroristi nel sud del Libano che mettono a repentaglio la sicurezza dei caschi blu e della popolazione civile”.

Attacchi “inaccettabili” anche per il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che avverte: “come abbiamo detto a Israele di prestare la massima attenzione” così “diciamo con altrettanta fermezza a Hezbollah che i militari italiani non si possono toccare”. “Se pensano di continuare a fare danni alle basi italiane – ha aggiunto – hanno sbagliato”. Da mesi però i tentativi della diplomazia sembrano non sortire effetti e anche nelle ultime ore un nuovo raid dell’Idf ha colpito la periferia a sud di Beirut, roccaforte di Hezbollah, poco dopo la richiesta da parte di Israele di evacuare la zona così come altri territori nella zona meridionale del Paese. I militari israeliani sono anche riusciti a raggiungere il villaggio frontaliero di Deir Mimas, abitato in prevalenza da cristiani lungo il settore orientale della linea di demarcazione tra i due Stati: si tratta della prima volta che soldati israeliani penetrano in una località frontaliera libanese ancora in parte abitata dalla popolazione locale. Con un contesto totalmente cambiato, in tanti invocano sempre di più un ruolo diverso per la missione internazionale Onu, ma il portavoce di Unifil, Andrea Tenenti, avverte: “Anche stavolta se le regole di ingaggio non fossero state adempite, come essere all’interno dei bunker durante i bombardamenti, ci sarebbero stati danni ben maggiori. Se le regole di ingaggio si vogliono cambiare, il Consiglio di sicurezza potrà farlo, però decidere di usare di più la forza potrebbe potrebbe portare a un’escalation di violenza contro la missione stessa. Vedremo”.

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